Renato Crivelli, Francesca Zannoni
Psicologia dell’albero. Simboli, Archetipi e modelli clinici tra psicologia e grafologia.
La vita felice, 2021.
Ci troviamo di fronte un libro monografico sulla Psicologia dell’Albero ben curato dagli autori, uno psicologo di formazione Junghiana e una psicopedagogista clinica di formazione freudiana e grafologa di formazione francese; un binomio affiatato da vent’anni, che qui propone un testo ben organizzato e documentato su tutto quanto lo studente e lo studioso possono cercare circa i significati dell’Albero in quanto archetipo, con ampi riferimenti storici sulla formazione e l’utilizzo di questo simbolo fin dall’antichità, oltre che in rapporto all’omonimo Test proiettivo.
Il lavoro è offerto da una piccola ed accurata casa editrice milanese, La vita felice, che da quasi trent’anni pubblica testi di varia natura, avendo come mission l’economico e il tascabile, tuttavia caratterizzato da una ormai rara cura per la qualità grafica e il buon livello culturale dei libri, l’accuratezza delle traduzioni, la qualità delle prefazioni e di tutti i dettagli.
Il testo di circa 190 pagine è introdotto da un primo capitolo storico-antropologico per una interpretazione analogico-simbolica dell’archetipo dell’albero in cui i concetti di base vengono accuratamente esplicitati, attraverso una carrellata riepilogativa del pensiero di storici studiosi (Freud, Jung, Adler, Ferenczi, Jacobi, Lacan, Frigoli, Osgood…). Segue un secondo capitolo in cui si affrontano i significati dell’albero per la vita dell’uomo con il quale condivide una stretta similitudine morfologica identificabili nelle sue tre parti: chioma (intelletto, coscienza razionale); fusto (identità); radici (inconscio), senza trascurare fiori, frutti, foglie, rami, cioè i vari elementi accessori, a loro volta ricchi di significati simbolici.
Storia del gesto grafico
Il terzo e il quarto capitolo ripercorrono la storia antica delle scienze grafologiche e l’evoluzione del gesto grafico fin dallo scarabocchio, introducendo le categorie alla base dell’interpretazione della rappresentazione dell’albero: spazio grafico, tratto, forma, pressione, movimento grafico, secondo i contributo di Klages, Pulver, Hegar, Bernson, Avé-Lallemant, Lena e non manca – nella sezione ritmo e movimento – il riconoscimento alla genialità del Moretti con la sua definizione del segno ‘disuguale metodico’ (p.61).
Nei capitoli quinto e sesto, si entra nel vivo della trattazione con esempi di disegni dell’albero da parte di bambini e ragazzi, per illustrarne, senza rigidità, i possibili diversi livelli esecutivi ponendo già in parallelo l’esecuzione grafica con le specifiche competenze descritte dalla psicologia clinica cui i due autori si dedicano da anni, oggi all’interno del Centro Scolastico Pedagogico-Psicopedagogie, riconosciuto dall’Unione Italiana Pedagogisti e partner di Arigraf Milano.
Un originale compendio di studio sulla simbologia dell’Albero
Il contributo originale di quest’opera, strutturata come un vero e proprio compendio di studio, è quello di offrire convincenti quadri descrittivi personologici tramite l’associazione di elementi simbolici affini e rilevanti, affidandosi sia al modello delle sindromi di Crépieux-Jamin, sia all’originale analisi dei disegni proposta dal Reattivo dell’albero di Karl Koch del 1949, integrati dal creativo, originale modello di decodifica e indagine dell’attività grafica di Paolo Rossi (Integrazione dinamica), che propone l’esecuzione di una batteria di sette disegni, fra cui quello dell’albero, appunto. Di questo modello, Renato Crivelli, uno dei due coautori, ha trattato diffusamente nel suo precedente volume: Disegno diagnosi, La Vita Felice, Milano, 2011.
Il linguaggio è quello professionale e rigoroso di chi è avvezzo alla comunicazione clinica; la terminologia, mai banalizzata, è adatta a un pubblico di persone in formazione professionale specialistica, tuttavia il modello e le sintesi storiche o operative proposte possono coinvolgere anche interessati all’argomento, anche se non addetti, purché curiosi e provvisti di un solido background, quantomeno culturale. Concordo con Daniela Serrati, Presidente di Arigraf Milano, quando afferma nella sua Prefazione al testo che per tutti i lettori “…sarà chiara l’importanza del disegno dell’albero nello studio del vissuto emotivo e relazionale di ciascuno di noi”, e ancora: “Studi approfonditi su molti autori …emergono da queste pagine ricche di spunti di riflessione e di acute osservazioni” (p. 5).
Ottima bibliografia
Ricca e stimolante la Bibliografia, nella quale testi classici evergreen affiancano più recenti approfondimenti sui diversi aspetti della conduzione del gesto grafico e sull’approccio al mondo dei miti e dei simboli e alla pratica della comunicazione, con riferimenti storici e letterari, oltre che psicologici.
Alcuni casi clinici
I Casi clinici proposti verso la fine di questo denso e stimolante testo sono redatti in modo particolarmente efficace: i disegni , la loro descrizione, i commenti dell’esecutore e una breve interpretazione (secondo ‘configurazioni significanti’ che poggiano sul modello ermeneutico dei quadri sindromici descrittivi dal caposcuola francese) precedono l’anamnesi clinica del giovane disegnatore; fatto questo che facilita l’approccio diretto, quasi un’esercitazione, proposta all’osservazione del disegno da parte del lettore, per fornire solo in un secondo momento i dati clinici per i quali lo studio è stato sollecitato (notizie anamnestiche), ma che – come si vedrà – non sempre sarebbero realmente ‘illuminanti’ per la decodifica, se anteposti.
Ben curate le immagini che illustrano la parte storico-teorica, spesso antiche riproduzioni o rielaborazioni delle stesse, accompagnate da moderne comparazioni (ad esempio con parti o funzioni del corpo umano o dell’anima). Delizioso il ringraziamento alla matita (p.9) cui tutti noi (grafologi, ma anche semplicemente scriventi) dobbiamo molto e commovente il commento conclusivo al proprio disegno da parte di una bambina di 7 anni, cui è stato diagnosticato un lieve ritardo mentale, sovrapponibile a un dilemma attribuito a Shakespeare: “Quando la neve si scioglie, dove va il bianco?” (pp.181-182).
Valeria Zacconi
Scrivi un commento