Dimmi dove vai……..

 

Dopo aver accennato più volte a elementi del simbolismo dello spazio (Glossario, i post sulla sessualità I-II-III, l’ebook omaggio), vorrei dedicare un intero post a questo argomento, la cui conoscenza è indispensabile  al grafologo.

Ma che cos’è un simbolo? Etimologia a parte (‘ballare’ o ‘mettere’ insieme), mi piace la definizione che ne ha dato Eric Fromm: il simbolo è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro. Di questo ‘qualcos’altro’ esso porta in sé la memoria emotiva, personale o collettiva.

Di solito i simboli sono universalmente condivisi, o perlomeno molto largamente condivisibili nell’ambito della stessa cultura. Essi svelano il profondo di persone e popoli (simboli naturali) e accade che siano ‘trasversali’ a più culture (simboli culturali), sono creazioni di senso note ma anche misteriose, non esplicite, che rimandano a realtà più grandi e remore; sono i famosi Archetipi.

Per esempio è acquisito che ‘grande’ sia sempre stato un simbolo di potere, ma anche di pretesa, vitalità e espansione. Viceversa ‘piccolo’ è modesto, concentrato, talvolta umile….Dal prezioso bagaglio di informazioni simboliche universali attinge quello che Carl Gustav Jung ha definito ‘inconscio collettivo’.

L’ambito specifico in cui opera la scrittura è lo spazio, in esso traccia delle forme (εἶδος) e crea delle immagini.

La prima organizzazione del simbolismo dello spazio grafico, ispirata proprio alla teoria junghiana (2), è stata enunciata nel 1931 dallo psicologo e grafologo svizzero Max Pulver (1889-1952)(1), ma ciò non toglie che Moretti se ne fosse già occupato. Il simbolismo dello spazio ha subito varie verifiche, sia relative ai simboli, sia di tipo neurofisiologico.

Oggi è comunemente accettato che sentimenti quali collera, paura, gioia, disgusto, piacere, eccitazione…  ‘marchino’ in un modo caratteristico ad ognuno di loro i tratti del volto o altre manifestazioni somatiche (battito del cuore, sudorazione, minzione….).

E’ impensabile che i sentimenti esperiti da ognuno di noi non lascino traccia sul foglio mentre scriviamo e non lo facciano seguendo le stesse ‘leggi’ che regolano la nostra fisiologia neuro-muscolare. Dallo studio simbolico del tracciato prodotto è possibile risalire alle  ‘emozioni’ e alla motricità personale che lo hanno prodotto.

Vediamone, schematicamente, le linee-guida.

I vettori delle direzioni nello spazio sono sei:

Destra/Sinistra

Sopra/Sotto

Davanti/Dietro

I primi due sono ‘intuibili’; indicano se lo scritto, i magini, le inclinazioni, i bianchi o i neri….le chiusure delle lettere, sono orientati verso destra o sinistra (simbolismo orizzontale, visto nel post Pieni e vuoti nella scrittura o anche quello sulla Firma, I e II);

i secondi due ci parlano di zona superiore e zona inferiore delle lettere e dell’intero scritto; allunghi letterali, margine superiore e inferiore (simbolismo verticale, ampiamente illustrato nei post su Grafologia e sessualità: IIIIII).

il movimento lungo gli ultimi due vettori ‘registra’ la nostra pressione (carica energetica, volontà assertiva o meno) e la qualità del Tratto; è quello che Pulver stesso chiama simbolismo ‘radiale’.

Il lato sinistro (nella cultura occidentale) rappresenta l’origine, la madre, il passato (la tradizione), l’IO.

Il lato destro è la mèta verso cui ci si dirige, il futuro, il padre (come simbolo di sostegno, fiducia, autostima) il TU.

In alto c’è ‘il cielo’, cioè il rapporto col divino, le aspirazioni spirituali (che non sono necessariamente ‘religiose’).

In basso c’è la terra (rigo base) e più sotto gli istinti, gli inferi, le pulsioni profonde, ma anche gli spiriti ‘maligni’.

L’uomo razionale (o nelle sue istanze più razionali) tende ad esprimersi nella fascia centrale, tra la superficie della terra e i cieli.

L’uomo inconscio ‘pesca’ nella vastità dei simboli seguendo sia i vettori verticali che quelli orizzontali, che quelli radiali.

 

Ambiente o Campo Grafico

Quando osserviamo una grafia, in toto o nei dettagli, dobbiamo sempre riferirci all’Ambiente o campo grafico, o contesto, in virtù del quale – come afferma anche la 4a Legge grafologica (vedi Glossario)- lo stesso segno può assumere, in concomitanza con altri segni, sfumature diverse da quelle enunciate nella sua descrizione di base.

Il foglio rappresenta il nostro ambiente e il campo grafico è delineato dal modo in cui utilizziamo e ci muoviamo in questo spazio, secondo tutti e sei i vettori.

Privilegiamo le zone ‘alte’ o basse? Siamo concentrati nella zona media? Quanto spazio lasciamo fra lettere e fra parole? Da che parte incliniamo gli assi, o forse sono tendenzialmente dritti?

Questo simbolismo sarà importante nella decodifica di tutto il gesto grafico, lo si applica alla morfologia delle lettere (la loro direzione, il punto della loro ‘saldatura’, le aste più  meno lunghe, le grandezze), ma anche il loro movimento (inclinazioni, andamento sul rigo, legamenti….).

Si applica altresì allo studio dell’esecuzione dei piccoli ‘gesti figgitivi’ (ricci, puntini, trattini, punteggiatura, apostrofi, accenti, sottolineature, paraffe…).

La nostra grafia scorre agevolmente verso destra (il futuro), o sembra procedere controcorrente come se ‘guardassimo’ sempre indietro? Portiamo a termine i nostri progetti con fiducia (destra), o ‘accorciamo’ le righe di scritto come se alla fine del foglio ci fosse un precipizio?

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Max Pulver, La simbologia della scrittura, Boringhieri, Torino, 1983

Carl Gustav Jung, L’uomo e i suoi simboli, oggi per Saggistica Tea, 2007