Alcune tappe fondamentali della formazione della moderna grafologia (I/II)

Nata verso la seconda metà dell’800 in Francia, la nuova scienza grafologica ha subito un impulso forte e grande pubblicizzazione grazie all’opera di sistematizzazione, prima da parte dell’abate Jean-Hippolyte Michon (1806-1881) che nel 1868 conia il termine un po’ asettico di grafologia (da greco graphé, scrittura e logos, parola o studio) e fonda la Societé Française de Graphologie, tuttora esistente:

Successivamente, il suo allievo, il dentista Jules Crépieux-Jamin (1859-1940) crea il primo ‘metodo’ grafologico di tipo scientifico, pubblicando i celeberrimi “L’écriture et le caractère” (1887) e “ABC de la graphlogie” (1929):

Vi sono tuttavia testimonianze del fatto che già gli antichi cinesi conoscessero come: “dalla scrittura si può dedurre infallibilmente se lo scrivente sia un nobile o una volgare persona” (il saggio Huo Jo Hsu).

Lo studio della scrittura non è stato possibile fino a che questa non ha raggiunto un  livello sufficiente di personalizzazione, nel  Medio Evo, infatti, pochissimi sapevano scrivere e gli amanuensi, religiosi che copiavano i testi a mano e redigeva atti ufficiali e legali, certo non lo facevano con una grafia spontanea, bensì piuttosto studiata o ‘calligrafica’, non adatta allo studio grafologico.

In realtà già nel XVI secolo erano stati affrontati studi circa il rapporto grafia-personalità soprattutto in città sedi di importanti Università, come Napoli e Bologna dove, per studiare, si scriveva.

Prospero Aldorisio a Napoli, nel 1611, scrive “Il messaggero ideografico”, Camillo Baldi (1547-1634), docente di medicina all’Università di Bologna, è autore del trattato: “Come da una lettera missiva si conoscano la natura e qualità dello scrittore”.

Sempre a Napoli, il medico calabrese Marco Aurelio Severino (1580-1656) pubblica un trattato sull’interpretazione delle lettere, in un’ottica di pronostici medici dalla scrittura.

A questi si aggiungono nel tempo altri esperti di varia provenienza culturale e geografica, che arricchiscono e approfondiscono questi studi, come i già citati Abate Jean Hippolyte Michon prima e  il suo allievo Jules Crépiux-Jamin poi. Quest’ultimo traghetterà la grafologia fuori dall’ambiguo ambito in cui ancora si muoveva, fornendo le prove grafologiche delle false accuse di spionaggio ai danni dell’ufficiale ebreo-francese  Alfred Deyfuss, un caso ‘di cronaca’ che fece discutere molto alla fine del 1800.

Successivamente il teologo svizzero Johann Kaspar Lavater (1741-1801), incoraggiato da Goethe (”Non si può dubitare che la scrittura abbia dei rapporti con il carattere e l’intelligenza umana, e che possa dare almeno un indizio del modo di intendere e di operare, bisogna pur riconoscerle un legame con tutta la personalità”) dedica alla grafologia un capitolo del suo studio fisiognomico “Physiognomische Fragmente” e il belga Edouard Hocquart (1787-1870) scrive, nel 1812, l’opera “L’art de juger de l’ésprit et du caractère des hommes et des femmes sur leur écriture”, gettando le basi dello studio grafologico sperimentale.

Da allora altri autori si sono espressi sulla grafologia (ancora piuttosto ‘misteriosa’ in verità), fornendo molti punti di vista e studi nuovi e stimolanti. Freud stesso, nel 1901, si dichiara convinto che la scrittura rappresenti una proiezione autentica dell’individuo e l’espressione della sua natura psichica e fisica.

Lo psicanalista, poeta e grafologo svizzero Max Pulver (1889-1952), amico di Jung e di Rorschach, è autore nel 1931 del “Simbolismo della scrittura” (vedi post), che illustra i valori simbolici relativi a tutti gli aspetti grafico-spaziali, offrendo approfondimenti psicologici e psicoanalitici così riassunti:

“L’uomo che scrive disegna inconsapevolmente la sua natura interiore. La scrittura cosciente è un disegno inconscio, disegno di sé, autoritratto.”

Il filosofo tedesco Ludvig Klages (1872-1956), creatore del concetto di Formniveau (livello di forma), che  fa tutt’ora parte della metodologia grafologica non solo di scuola tedesca, pubblica su molte riviste specialistiche del suo tempo ; è del 1917 la sua opera più famosa: “Grafia e carattere. Manuale divulgativo di tecnica grafologica”, anch’esso tradotto in molte lingue:

Nel 1928, l’inglese di origine ceca Robert Saudek (1880-1935), rende pubblici i risultati dei suoi interessanti esperimenti basati sulla registrazione di velocità e continuità e dell’influenza ‘visiva’ nell’esecuzione della manoscrittura in: “Psicologia della scrittura”:

Anche il filosofo e psicologo americano Gordon Allport (1897–1967) nel 1933 pubblica col collega inglese Philip E. Vernon (1905-1987) uno studio psicologico sul comportamento scrittorio come rivelatore della personalità. I due studiosi erano già noti per aver reso steso, insieme a Lindzey, la “Scala di Valori”, del 1931.

Da tutti questi studi emerge un primo abbozzo di quelle che diventeranno le leggi grafologiche e le linee gida per lo studio della persona dalla scrittura, volte soprattutto a stabilire e svelare il legame fra questa e aspetti somatici dello scrivente; non è un mistero infatti che i primi passi della grafologia siano partiti da studi fisiognomici.

Lo psicoterapeuta e filosofo svizzero, Max Luscher, noto per le sue indagini e il suo ‘test’ dei colori come strumento di valutazione psicodiagnostica, ha studiato a fondo la grafologia ‘gestaltica’ del Klages, integrandola (1949) nella sua teoria psicologica.

Nella prima parte del XX secolo operano anche due grafologhe di lingua tedesca. La psichiatra austriaca Roda Wieser (1894-1986), autrice nel 1929 dell'”Uomo nella scrittura”, si dedica in modo sistematico allo studio della grafia dei criminali (truffatori, ladri e scassinatori prima, delinquenti sessuali successivamente) nel suo “Studio caratteriologico” del 1933 e, nel 1938, con “La grafia dei delinquenti di carattere sessuale”, ponendo particolare attenzione al ritmo-base , specificando il concetto di ritmo, già introdotto dagli studi del Klages.


Ania Teillard ( 1889-1978), nobile estone, svizzera-tedesca di adozione prima, allieva di Klages e di Jung, è autrice del celebratissimo “L’anima e la scrittura” scritto quando si era trasferita in Francia. Si tratta di un “Trattato di grafologia fondato sulla psicologia analitica”, come dichiara il sottotitolo, ispirato ai tipi psicologici di Jung.

Agli inizi del XIX secolo inizia a dedicarsi alla grafologia anche Umberto Moretti (1879-1963), frate minore francescano

recanatese, (più noto col nome di Girolamo Maria) che sarà il fondatore della Scuola italiana di grafologia, la prima a distaccarsi

completamente da quella francese e seguire un proprio autonomo percorso.

Nel 1914, sotto lo pseudonimo di Umberto Koch, pubblica la prima edizione

del suo “Trattato di grafologia”, alla quale ne seguiranno molte altre

(oggi siamo alla sedicesima) via via rivedute e ampliate, sulla base delle scoperte

in campo biologico e soprattutto fisiologico.

Nel suo corposo Trattato, padre Moretti presenta il suo originale sistema segnico, unico per profondità psicologica e per precisione diagnostica, che consente di identificare le significative unità di cui è composta la personalità umana, viste come tendenze dinamiche in grado di interagire tra loro. Vi descrive 81 ‘segni’ grafologici, corrispondenti ad altrettanti tratti di personalità, specificandone le caratteristiche sul piano grafico e psicologico, e le ragioni analogiche dell’associazione segno-significato.

Egli enuncia precise regole di misurazione interpretazione; l’opera da lui iniziata per curiosità e passione e ‘strutturata’ in un metodo per obbedienza ai superiori, resta tutt’ora fondamentale in ambito grafologico e  delle scienze umane. La sua validità è convalidata dai recenti progressi scientifici, particolarmente nel campo delle neuroscienze.

Presto il seguito!