Come utilizzare le energie espresse dalla nostra scrittura

Il Sanscrito, l’antica lingua indiana, Mandala significa circolo e si riferisce ad una figura chiusa, rivolta verso un centro.

I Mandala sono figure che, con l’aiuto del colori, forme, simboli e lettere, rappresentano particolari energie.

I Mandala possono dunque mettere in contatto chi li osserva con le energie che rappersentano, e anche quando nessuno è presente ad esserne direttamente consapvole, essi operano sullo spazio.

In quanto immagine dell’anima, rispecchia energie psichiche e spirituali mentre, come immagine del cosmo, simboleggia le energie dell’universo e la loro natura.

Ecco che in esso si manifesta lo stretto legame che intercorre fra lo spazio interiore della mente e dell’anima e lo spazio fuori di noi, quello dell’universo.

I Mandala esercitano una doppia funzione:

Da una parte sono lo specchio a diretto contatto con la conoscenza dell’uomo, uno specchio che fa emergere qualcosa dal profondo o che modifica il profondo; dall’altra, possono essere utilizzati appositamente per modificare lo spazio e le sue energie. Nella cultura indiana anche gli Yantra sono dei Mandala finalizzati al raggiungimento di uno scopo preciso, quasi sempre a fini migliorativi.

I Mandala sono simboli e strumenti di trasformazione che possono essere ‘attivati’ attraverso varie forme di Meditazione.

Si possono trovare rappresentazioni grafiche di Dio nelle pitture murali preistoriche, giochi di numeri e quadrati magici in molte culture antiche. Ma è nella tradizione tantrica che gli Yantra assumono un più ampio ventaglio di significati, la rappresentazione grafica, matematica o magica del divino. Yantra e Mandala, si sa, sono usati come oggetto di meditazione, sia generale (percorso spirituale) che per aspetti specifici che sono sempre ‘specchio’ di chi li osserva.

Quando il grafologo osserva una scrittura, prima di tutto la vede nel suo insieme, si distacca dal suo contenuto per rimanere con l’immagine generale, la sua forma ‘visiva’. Ecco che l’impianto grafico appare come una sorta di Mandala (o Yantra) la cui energia resta invariata anche se capovolgiamo lo scritto, distaccandoci completamente dalla sua parte comunicativa verbale. Questa osservazione ‘estetica’ della grafia ci permette di cogliere aspetti qualitativi e di valore sui vari elementi, presi nel quadro di insieme (e appunto di un ‘quadro’ si tratta). Linee, forme, ritmi, compongono un tutto il cui equilibrio (l’armonia per la scuola grafologica francese) va còlto, meditato.

E’ in questa fase di osservazione estetica generale che, a mio avviso, come avviene di fronte a un’opera d’arte o meditando di fronte a un Mandala, il grafologo e lo scrivente possono stabilire una profonda connessione, ciascuno con ciò di cui lo scritto e significatore e, soprattutto, fra di loro. Ogni professione ‘di aiuto’ non può prescindere, a mio avviso, da questo atteggiamento responsabile di ascolto.

Solo successivamente si può scendere nel dettaglio dei segni o indici grafologici che rientreranno in questo quadro generale, il messaggio globale, legato soprattutto alla distribuzione spaziale nelle sue sei direzioni (sopra-sotto, destra-sinistra, davanti-dietro), oramai còlto e condiviso dai due.

Ania Teillard, analista e grafologa, allieva di Klages e di Jung, ha scritto nel suo ‘L’Anima e la scrittura’: “I metodi di analisi (grafologica) sono soltanto un aiuto, mezzi tecnici, itinerari utili. Quello che è essenziale è l’atto creatore”. Atto condiviso, aggiungo io (vedi post sulla storia della grafologia I).

A me piace pormi di fronte a una grafia inizialmente come di fronte a un’opera d’arte, a un panorama, a un Mandala, appunto. La leggo come insieme potente di traccia del passato e simbolo di trasformazione (un po’ come il Labirinto).

Anche la grafia infatti rappresenta una sintesi vitale, un grande affresco esistenziale, uno specchio dell’anima. Occorre rispetto nell’osservare una scrittura, un’iniziale pausa silenziosa alla ricerca di una sintonia. Per questo non hanno senso le ‘analisi grafologiche’ salottiere, fatte no appena ci viene sottoposta una scrittura, o peggio ancora una sola firma!

Le misurazioni, i raggruppamenti (importantissimi), le categorie e l’interpretazione, verranno dopo e non dovranno perdere il contatto con il ‘centro vitale’ della grafia, la sua originaria base creativa. Quello stesso centro attorno al quale ogni riflessione e ogni ampliamento qualitativo sono sempre possibili, come per il Mandala nella meditazione, appunto.

Conoscere e trasformare (almeno in parte) se stessi grazie alla grafologia, intesa come strumento di autoconoscenza e autoriforma, è possibile.

Ho avviato laboratori a questo proposito (vedi il post Life coaching grafologico per la felicità).