Lo spazio che ‘occupiamo’ (II/IV)

 

Ho già introdotto la descrizione dei significati generali relativi alla gestione del campo grafico secondo lo psicologo svizzero Max Pulver (1889-1952) nel  precedente post sull’argomento.

Tale campo viene reciprocamente definito:

a) dal foglio su cui si scrive, che rappresenta l’ambiente

b) dai neri, o dalla parte inchiostrata; il nostro procedere e ‘occupare’ tale ambiente

c) di bianchi, cioè dai margini attorno e dentro lo scritto, nonché fra lettere e parole; i ‘silenzi’ o le pause.

Quando osserviamo una scrittura ne riceviamo subito una prima impressione in gran parte data proprio dalla distribuzione degli spazi che danno una maggiore o minore impressione di armonia, proporzione e ‘respiro’ alla pagina scritta.

 

I MARGINI

I margini più significativi sono quello sinistro e quello destro, sui rispettivi lati dello scritto. Il loro andamento può essere progressivo (si ampliano via via che lo scritto procede) in modo live o esagerato; restringersi o anche ondeggiare:

Il margine superiore (o zona iniziale) indica a quale distanza ci posizioniamo dall’interlocutore, è in parte determinato dall’ambiente culturale in cui viviamo o siamo stati educati: prendiamo un’equa distanza dal nostro interlocutore (1), la accentuiamo in modo forse esageratamente formale o reverenziale (2)o gli parliamo decisamente in faccia(3)?

I nostri margini sono regolari, indicano cioè una buona capacità di autocontrollo e gestione delle energie oppure irregolari (impulsività)? Sarà il contesto dei segni a chiarirci come interpretare compiutamente tali modalità.

Anche nelle modalità di eseguire la firma si prende in considerazione il simbolismo dello spazio; si osserva infatti se essa è collocata a sinistra, a destra o al centro rispetto al resto dello scritto (post). Lo stesso vale per l’indirizzo; ecco perché per un campione di grafia da analizzare viene anche richiesto di redigere un fac-simile di busta su cui è apposto un indirizzo completo. La busta rappresenterà un nuovo ambiente grafico e lo scritto sarò preso in considerazione prima di tutto a partire dalla distribuzione degli spazi (vedi post Firma I e II)

Vi sono gli spazi interni allo scritto, dati principalmente dal Largo (o stretto) di Lettere, tra lettere e tra parole e dall’andamento dei legamenti (a loro volta più o meno ampi, cioè curvi o angolosi) e dall’ordine fra le righe (le aste letterali lasciano spazio o si intersecano da rigo a rigo?) da prendere in considerazione.

Sopra: grafia fitta e confusa, i neri occupano molto spazio.

Sotto: grafia ‘areata’, con buona distribuzione di bianchi e neri:

Nella grafologia francese si parla di ‘respiro’ di una scrittura e mi sembra una definizione appropriata, poiché esiste una corrispondenza fra modo di scrivere (e di atteggiarsi) e modo di respirare. Regolari esercizi di respirazione, sul tipo di quelli eseguiti in prana yoga, facilitano la ‘distensione’ anche della grafia, conferendole una maggiore armonia, una migliore distribuzione degli spazi, una più fluida vitalità (vedi in Corsi).

Sopra: firme del poeta spagnolo Federico Garcia Lorca (1898-1936), con una peculiare distribuzione degli spazi.

La grafia è costituita un susseguirsi di lettere i cui elementi costitutivi possono essere riassunti in: a) forma; b) movimento.

Per questo si dice che la grafologia non studi tanto le forme, quanto la dinamica della scrittura, poiché è nell’espressione di tale dinamicità che si può cogliere appieno sia l’espressione delle lettere, dello scritto, sia della psiche che le ha originate.

E’ il movimento che determinerà se le ‘forme’ di uno scritto sono chiare o oscure, curve o angolose, serrate o ampie e se vi circola o meno l’aria vitale. Quindi anche all’interno di ogni espressione grafica verrà preso in considerazione il simbolismo dello spazio grafico nelle sue sei direzioni (vedi post).

La stessa Leitbild descritta da Ludwig Klages si riferisce implicitamente al simbolismo dello spazio poiché il modo di procedere sul foglio, mentre scriviamo, deve in qualche modo soddisfare la nostra stessa impressione visiva attraverso l’espressione grafica che più ci conviene. Scrivendo cioè, rispondiamo anche all’intima aspettativa di veder produrre un certo risultato che riconosciamo per nostro (vedi ebook gratuito).

Vi è inoltre un’enorme analogia fra discorso verbale e scritto; uno scritto fitto e con poco spazio bianco equivale a una parlata precipitosa e senza riflessione; viceversa un spazio con eccessivi bianchi può ‘allagare’ lo scritto e il pensiero sovrastare la spontaneità; in mezzo vi è una vasta gamma di sfumature nella quale si colloca la produzione grafica della maggior parte di noi ‘scriventi’ che, come già detto, risente in parte anche dall’ambiente culturale (e geografico) da cui proveniamo.

Torneremo sull’argomento,