Come evolvono i bambini e come andrebbe seguita la loro grafia, a scuola e in famiglia.

Dalla fase precalligrafica (fino agli 8 anni), a quella calligrafica (dai 9 anni e per tutta la preadolescenza), al momento della ricerca e definizione graduale di una scrittura soggettiva più personalizzata, la scrittura umana continua a modificarsi a causa di vari fattori come l’età, il genere, le condizioni socio-familiari, la motivazione, il tipo di motricità ‘fine’.

Dopo i 12 anni aumenta l’efficienza e la ricerca di una scrittura più personale, che proseguirà poi nell’età adulta, con possibili mutamenti che registrano lo stato mentale e fisico dello scrivente.

Se le diverse fasi non sono rispettate, si possono verificare difficoltà di esecuzione della scrittura; le ‘disgrafie’ (disturbo specifico della scrittura a mano nella riproduzione di segni alfabetici e numerici), che interessano già il 20% degli alunni italiani, con previsione di aumento.

Ho già dedicato altri post a questi aspetti (I/II e Scrivere per i nostri figli).

Un inadeguato sviluppo grafomotorio è spesso riconducibile a un apprendimento mancato della corretta postura e presa dello strumento grafico (vedi post).

Senza l’opportuna guida, è inevitabile che la scrittura di un bambino produca automatismi poco funzionali o addirittura scorretti; la sua grafia non può che peggiorare nel tempo fino a richiedere un vero e proprio intervento di recupero, talvolta a più livelli, di rieducazione.

Reintrodurre un qualche riferimento al modello calligrafico su ‘come si fa’ a scrivere; un controllo, da parte degli insegnanti – che sia continuo, vigile, fermo ed affettuoso – della corretta esecuzione del movimento grafico, dei lemmi letterali, delle parole, dei legamenti e della gestione degli spazi, sarebbe perciò di grande aiuto per tutta la durata delle elementari.

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Scrivere significa anche leggere, evento che coinvolge i processi visivi, di decodifica e anche di comprensione del testo manoscritto, come e meglio di quello della stampa. Le mal-posture possono influenzare negativamente anche la visione.

Dare sicurezza è il compito sia dell’insegnante, sia del genitore (e in fin dei conti è tutto ciò che interessa il bambino), che si accorge di solito quando qualcosa non è armonico nella grafia del bambino. E’ dunque fondamentale che gli adulti reagiscano rapidamente a qualsiasi difficoltà  scrittòria  del bambino.

Un difficile rapporto con la scrittura è spesso alla base dei disturbi di apprendimento. La dislessia disortografica, l’ iper-attività, la disprassia, sono disturbi  spesso associati con problemi in relazione alla scrittura.

Padroneggiare un buon gesto grafico va ben al di là della competenza puramente strumentale della scrittura manuale; favorisce la formazione globale del bambino in termini di maggiore equilibrio e controllo psicomotorio, attenzione e capacità di autocorrezione, con una positiva ricaduta anche sul profitto scolastico, soprattutto nei tipi di apprendimento legati alla scrittura come l’ortografia e la capacità di esprimersi per iscritto, ma soprattutto migliora l’autostima e innalza la motivazione.

Oggi, anziché chiedere di copiare una forma letterale, sarebbe più utile insegnare “come si fa” a eseguire quella lettera, da che punto è più conveniente partire, in che direzione andare e come collegarsi con le altre lettere, per rendere più agevole il compito degli alunni in questo tipo di apprendimento, evitando che siano loro a dovere trovare la “strada” (spesso creativamente ‘tortuosa’) da soli.

A differenza del disegno, che lascia ampia libertà di moduli espressivi, la scrittura richiede movimenti dei muscoli del braccio, del polso e della mano, molto precisi, e coordinati. Condizioni psico-fisiche che il bambino normale le raggiunge verso i cinque-sei anni.

Per poter scrivere il piccoli di uomo devono aver raggiunto una completa maturazione di alcune capacità motorie e possedere una buona capacità di discriminazione visiva, di coordinazione oculo-manuale, di organizzazione spaziale. Scrivere, dopo parlare (verbalizzare) è una delle attività più complesse del mondo animale, esclusiva dell’uomo.

Ciò nonostante, molto prima, a partire dai due anni e mezzo, molti bambini cercano di imitare la scrittura degli adulti; il tracciato assume un andamento ondulato, secondo gesti che, se non corretti e non guidati opportunamente,  iniziano a produrre strane forme (soluzioni grafiche complesse ad imitazione di quelle dei ‘grandi’) già in terza elementare.

Le cause della disgrafia possono essere molteplici: dalle più gravi (cerebropatia, ritardo mentale, disturbi della coordinazione dinamica, laterizzazione incerta) a quelle più frequenti, quali disturbi del linguaggio e della percezione o strutturazione spazio-temporale, nonché della sfera affettiva e relazionale (sui quali anche la scuola ‘fa la differenza’).

Se la cura di tali disturbi non è certo di competenza del grafologo, questi può tuttavia segnalare ad altri esperti la presenza di disgrafia nella conduzione della penna e – d’accordo con la famiglia (meglio se anche informando la scuola), iniziare un recupero dell’atto grafico, di pari passo con uno psicologo o uno psichiatra che prenda in carico il quadro più generale del ragazzo.
Sicuramente però, prevenire è meglio che….rieducare!
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