Alcune caratteristiche di chi è abituato a ‘dire il falso’ con la scrittura. Simulazione e dissimulazione.

Il movimento grafico richiede il coinvolgimento di tutte le strutture cerebrali e il collegamento neuro-muscolare tra mente e corpo, tanto individuale che risulta impossibile trovarsi di fronte a scritti identici per persone diverse.

La disposizione delle linee, delle parole e la forma delle lettere, soprattutto delle maiuscole, sono elementi macroscopici relativamente facili da copiare, ma gli elementi del ritmo personale , la pressione (1), la qualità del tratto; quello che i grafologi francesi chiamano, con una immagine suggestiva, il ‘respiro’ della scrittura, sono legati agli elementi involontari del grafismo. Sono questi ultimi i più importanti da valutare, ai fini dell’attribuzione di una grafia. Occorre una oculata gerarchizzazione degli elementi: per esempio un testamento o una lettera anonima che presentano scioltezza grafica, un buon ritmo, soluzioni personali e semplificate dei legamenti e dell’esecuzione delle lettere, non possono essere stati vergati da un sospettato il cui livello grafico si mostri, lento, impacciato, sciatto; tipico di chi ha poca abitudine allo scrivere. Ciò non toglie che anche una persona ‘incolta’ possa avere la tendenza a falsificare…….

Come ho già avuto modo di dire in altri post, anche il più abile simulatore, per quanto esperto, allenato o familiare con la grafia ‘imitata’, finirà col tradire qualcosa del proprio grafismo e/o del controllo esercitato sulla propria spontaneità, dovuto all’atto di imitare.

Si lascerà sfuggire qualche tratto distintivo del proprio automatismo, soprattutto se il testo imitato o contraffatto è piuttosto lungo (più di una pagina). Per questo non sono soltanto le ‘similitudini’ fra due grafie a definirne la provenienza, quanto le differenze e, per la presenza di ogni elemento riscontrato, il grafologo giudiziario dovrà fornire una spiegazione plausibile. Le differenze sono dovute a diversità neuro-muscolare o a ‘dissimulazione’? E perché?

Personalità del Falsario

Ci vuole della temerarietà per rischiare tanto e forse anche una certa stupidità (che, per fortuna, spesso accompagna un‘delitto’ più dell’intelligenza!) o perlomeno di immaturità.

Manipolativo e bugiardo, il falsario ‘abituale’ ha una forte ambivalenza, alterna menzogna e sensi di colpa, esaltazione/depressione e “delirio” di onnipotenza/persecuzione, che spesso lo incastrano nel più totale isolamento (nei casi più gravi si tratta di persona socialmente disturbata).

Il falsario spesso è avventato, approssimativo, precipitoso e impaziente, non è radicato nella realtà e non si sente parte di una comunità di ‘simili’, vive ripiegato in un mondo tutto suo, ha pochi legami, piuttosto squilibrati e una affettività carente o dipendente. Simula di essere chi fantastica, proponendo agli altri e perfino a se stesso, un’immagine grandiosa-salvifica, mentre nell’intimità resta un immaturo, arrogante, persino aggressivo, dai bisogni che richiedono soddisfazioni impellenti.

Si tratta di un tipo che non trae alcun insegnamento dall’esperienza, non riflette sulle conseguenze delle proprie azioni, all’esterno si mostra o è schivo, ma sa essere prepotente in famiglia. Ha spesso tendenze manipolative.

I rapporti interpersonali, mai approfonditi, sono superficiali e improntati su una reciproca ……incomprensione (o sfiducia).

L’abitudine a comunicare in modo falso, o perlomeno ambiguo, diffonde panico e sospetto in ogni relazione che ne soffra. Un po’ come nella fiaba di ‘Al lupo al lupo’; diffidare continuamente non favorisce il contatto umano. Il mutuo impegno alla verità è invece fondamentale per ogni forma societaria; ne va della serenità e della fiducia reciproca.

A tutti può succedere di tralasciare, o dimenticare nella penna, qualche vocale o qualche consonante, ma anche una svista di tal fatta, sia pur per mera disattenzione, porta sempre con sé un preciso significato psicologico e amnesie, distrazioni, o negligenze alludono sempre a qualche conflitto non risolto.

Chi dimentica però abitualmente delle lettere ha il segno Impaziente (vedi Glossario)  e perde facilmente il contatto con la realtà (il piano di scrittura); in lui una certa fiduciosa esuberanza genera pressappochismo.

Quest’impazienza interiore, spinta agli eccessi, rientra in una smania psichica che si manifesta non soltanto nel mangiarsi alcune lettere e parole, ma parallelamente denota facili accensioni, offesa irriflessiva del prossimo – salvo poi, altrettanto repentinamente, pentirsi (sempre secondo un modello ambivalente).

 

 

 

 

1 – Premere la punta della penna sul foglio è un’azione necessaria, in quanto, senza la debita pressione, non si creerebbe quell’attrito sufficiente a consentire la fuoriuscita dell’inchiostro. La pressione è forse la dimensione grafica tra le più insidiose da valutare; i dati oggettivi della profondità del solco, ampiezza del tracciato e intensità del colore si manifestano appieno esclusivamente quando il movimento grafico viene condotto su superfici relativamente morbide. La scrittura tracciata su una superficie rigida ostacola la valutazione della reale forza esercitata ed è spesso difficile sovrapporre due grafie della stessa mano, quanto a pressione. Anche in questo caso sarà fondamentale fornire una spiegazione logica alle eventuali differenze, talune compatibili ed altre incompatibili con una stessa mano scrittoria.