Capita ancora oggi, nell’era digitale, che alcune aziende richiedano ai candidati che si apprestano a fare domanda di assunzione, di consegnare una lettera di presentazione redatta a mano.
Si trovano molte indicazioni su come ‘presentarsi’ a un nuovo colloquio di lavoro e, a pensarci bene, come scriviamo è ANCHE un modo di presentarci. Se è vero che la spontaneità non va ‘contraffatta’ (si noterebbero i segni del controllo, che in genere conferiscono al grafismo una rigidità poco apprezzata, quindi è meglio respirare e rilassarsi…), è pur vero che qualche ‘dritta’, o meglio riflessione, in proposito può essere di aiuto.
Come per l’abbigliamento, la postura, la voce, la prima impressione che il manoscritto ha sul grafologo è prezioso, come la buona presenza, nel colloquio personale. Di solito una persona ha della propria grafia un’idea che nulla a che fare con i parametri grafologici, per cui generalmente si considerano ‘belle’ o ‘brutte’ le grafie su una base formalmente estetica, mentre il grafologo valuta soprattutto la sua espressione ‘dinamica’.
La manoscrittura è un comportamento e un’espressione non verbale, qualcuno dice anche che sia espressione ‘psicosomatica’. Ciò che conta, infatti, è come l’andamento generale, le proporzioni, la conduzione del tratto, il ritmo totale dello scritto (dato da un insieme di elementi, quali ad esempio pressione, spazi interni o esterni alle lettere e alle parole, andamento sul rigo e occupazione dello spazio nel foglio) vengono condotti.
Buona presenza, chiarezza, l’integrità personale, motivazione e stabilità emotiva sono generalmente le competenze valutate, non solo nel campo degli affari, ma in ogni ambiente sociale condiviso.
Come affrontare quindi la propria lettera di presentazione manoscritta per un colloqui di lavoro?
Le indicazioni sono quelle dettate dal buon senso: mantenere l’insieme pulito e leggibile, evitare cancellature e collisioni o incroci tra linee. Prima di cominciare può essere utile osservare un proprio scritto precedente per vedere se occorre dare un po’ più di ‘respiro’ alla distribuzione tra bianchi e neri, scegliere un
dare un po’ più di ‘respiro’ alla distribuzione tra bianchi e neri, scegliere un migliore strumento scrittorio, contenere in modo estetico la propria gestione dello spazio grafico, senza troppa forzatura, come dicevo all’inizio.
La grafia sarà personalizzata e semplice: evitare eccessivi fronzoli o elementi aggiuntivi, magari nell’intento di ‘abbellire’. Solitamente una grafia evoluta si distacca dal modello calligrafico appreso nell’infanzia e si personalizza, rimanendo il più possibile chiara e leggibile.
Se l’andamento del rigo è troppo ondeggiante o – viceversa rigido – cercare di renderlo più armonico ed elastico, mantenendo una buona tenuta, leggermente ascendente sul rigo che sarà ‘virtuale’, poiché il grafologo preferisce uno scritto su carta bianca, non rigata.
L’andamento delle lettere leggermente pendente è più gradevole di una grafia troppo dritta o viceversa rovesciata verso la sinistra. Sempre senza esagerare.
I tratti, come dicevo sopra, sono semplici, la punteggiatura si sposta leggermente in avanti rispetto alla lettera cui si riferisce (puntini, apostrofi, accenti), le lettere mantengono un buono spazio l’una dall’altra, tuttavia predominano i legamenti fra loro, mentre non si legano le lettere per finire le quali si appongono trattini, puntini, accenti, si tratta di progressioni tra le lettere che rappresentano noi e gli altri.
Un aspetto cui chi scrive presta di solito poca attenzione è l’omogeneità fra la grafia del testo e quella della firma, che se invece mostra variazioni importanti di dimensione, forma, inclinazione, mette in allarme il grafologo.
E’ sicuramente migliore la presentazione che la propria presentazione intima (lo scritto) e quella sociale (la firma) siano in armonia fra loro, cioè non troppo dissimili in nessun parametro di valutazione ed entrambe leggibili.
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