Scarabocchiare rende il pensiero più fluido, più vigile e flessibile. Contrariamente a quanto si può pensare, questa abitudine ci aiutava ad ascoltare meglio, noi stessi e gli altri.
La grafologia interpreta il linguaggio simbolico di ogni espressione grafica, non soltanto della scrittura e del disegno, ma anche di tutta quella gestualità automatizzata e spontanea che più o meno distrattamente ci porta a tracciare ‘macchie’ talvolta imprecise, quei ‘mini-disegni’ stilizzati e ripetitivi detti, appunto, scarabocchi.
Per il bambino lo scarabocchio rappresenta sia la fase preparatoria alla scrittura, sia l’abbozzo di un disegno. Conosce varie fasi che ripercorrono la maturazione della sua motricità, percezione, lateralità e ne rappresentano e strutturano, al tempo stesso, l’abilità espressiva. Degli scarabocchi e pre-disegni o pre-scrittura del bambino mi occuperò in prossimi post.
Quello che posso anticipare a genitori e insegnanti è che sarebbe bene conservare sia gli scarabocchi che i disegni del bambino, scrivendo dietro la data per ricostruire l’età che egli aveva al momento dell’esecuzione. Un maestro potrebbe annotare il nome e gli anni compiuti del ragazzo o la classe frequentata dietro al foglio e ‘archiviare’ felicemente il tutto.
Così come il bambino attraverso i primi gesti grafici ‘parla’, cioè cerca di comunicare con gli adulti, il suo mondo affettivo, così anche l’adulto, scarabocchiando lascia fluire la propria storia di desideri, emozioni, paure, fastidi, blocchi. Ogni bambino dovrebbe avere libero accesso a un set di matite e abbondanti fogli di carta e ogni adulto dovrebbe avere un blocco da ‘schizzi’ e lapis a volontà (con i quali è ‘consentito’ scarabocchiare e prendere note anche sui libri che mai andrebbero feriti con una penna….).
Sono noti alcuni illustri scarabocchiatori, come Herman Hesse, Allen Ginsberg o Hans Christian Andersen………menti sicuramente feconde e creative, per niente banali e tuttavia anche molto pratiche……La maggior parte di noi scarabocchia (o scarabocchiava, ai tempi della scuola per esempio) in modo automatico e sovrapensiero, durante una conferenza, ascoltando un oratore, al telefono (si solito quello ‘fisso’), al margine di un blocco di appunti.
(Mark Twain)
L’indagine di una équipe di ricercatori del Reparto Scienze Cognitive dell’Università di Cambridge ha dimostrato che scarabocchiare dà benessere, aiuta a concentrarsi ed a ricordare meglio i dettagli di una conversazione: pare che la memoria venga potenziata addirittura del 30%. Per alcuni psicologi lo scarabocchio è terapeutico perché allenta la tensione, stempera l’ansia, stimola l’immaginazione, canalizza creativamente lo stress.
Gli scarabocchi parlano una lingua non famigliare e hanno una logica tutta loro, sono difficili da ‘interpretare’, ma ciò che conta è che è possibile capire ciò che essi celano; in questo grafologo e ‘artista’ possono collaborare per mettere in chiaro ciò che quei ‘segnetti’ ripetitivi vogliono esprimere, a partire dalla distribuzione nello spazio, dalle ombre, la qualità del tracciato, la continuità del tratto, per arrivare, solo successivamente alla scelta dei ‘soggetti’ rappresentati.
Lo stesso termine scarabocchio pare derivi dal francese “escarbot” (scarabeo), forse per evocare visivamente l’idea della macchia d’inchiostro; un’impronta casuale lasciata dalla penna (il nostro prolungamento), sulla carta (il nostro ambiente).
Sono stati studiati test di personalità profonda, basati sugli scarabocchi, famoso quello di Louis Corman, somministrabili a partire dai due anni di età e fino alla vecchiaia. E se, come molti studi suggeriscono, scarabocchiare fa bene e non è affatto un’attività solo dell’infanzia, allora scarabocchiamo allegramente, lasciamo andare la fantasia e mettiamo ogni tanto da parte il mondo del logos, anche e soprattutto quando studiamo e siamo concentrati, e lasciamo parlare la nostra anima!
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