Domanda: “Può la ‘firma leggibile’ che ci chiedono sui moduli, in banca, alla posta…..essere considerata la nostra vera firma se si discosta molto da come noi la tracciamo spontaneamente?”
Sono stata tempo fa ad una esposizione tempo fa di Valeria Resca, un’artista bolognese che esponeva delle bellissime opere dai colori preziosi eseguite su seta e altri tessuti in uno spazio in città, che conosco ed amo molto. Al momento di presentarmi, salutare noto, sulla cartolina che fa da biglietto di invito e da visita, un interessante segno orizzontale in rosso-aranciato sopra la riproduzione di un tessuto artistico. Al mio occhio di grafologa si tratta di una firma ma, visto che stiamo parlando di un’artista…..magari ha fatto un suo ghirigoro, una cornice….chiedo – senza crederci troppo – ‘questa è la sua firma? (vedi sotto)’.
Valeria Resca mi spiega: Si, è la mia firma, cioè la firma che uso per le mie opere e per me stessa; in banca e in posta non posso firmare così! Il mio modo di firmare è talmente particolare che devo scrivere in modo diverso, mi chiedono una firma ‘leggibile’ e la mia VERA firma non si può proprio definire ‘leggibile’!
Quindi ha due firme? Le chiedo..
Beh, si, una ‘ufficiale’, che non sento mia, l’altra è quella che realmente mi rappresenta, ma che non è leggibile.
In effetti ricordo di aver letto in fondo a molti moduli, in banca in posta, alle Ausl…questa strana dicitura: ‘firma leggibile’ e – permettetemi, non è per essere polemica – ma avendo visto la grafia di Valeria (e molte altre prima) non posso non restare perplessa e mi domando, se questa è la firma di Valeria:
Si può considerare anche quella ‘leggibile’ come una firma di questa artista?
A mio parere non lo sarebbe, ma chi continua a sottoscrivere i documenti e i moduli con una seconda modalità (che tenderei a considerare, non una firma, ma il proprio nome scritto di proprio pugno, ma NON una vera firma spontanea), di fatto però, spesso lo diventa. Una sorta di ‘variabile grafica’. Solo che non è una variabile spontanea (come avviene per chi firma e poi ha anche un proprio logo o sigla), mentre è spontanea la firma, nel caso di Valeria Resca, slanciata e stilizzata, che appone alle sue opere, perché non è solo un ‘logo’, ma è anche il suo modo spontaneo di firmare. Occorre quindi distinguere.
Sopra e sotto le firme di Walt Disney (1901-1966) i cui anelli nella parte superiore di alcune lettere e l’originalità di alcune forme, come la “D” iniziale del nome , o il punto della “i” a chicco di caffé, sono state mantenute nel logo
aziendale (il terzo in basso), semplificando al massimo la grafia originale, per renderla più leggibile e chiara, senza tuttavia tradirne due caratteristiche fondamentali: creatività e precisione.
Sotto il logo commerciale ricavato dalla firma autentica e spontanea del pittore Vincent Van Gogh (1853–1890), che ha raramente usato il cognome e ancor meno il proprio nome per esteso per firmare le sue opere e chissà se lo ha fatto mai…..
ncor meno il proprio nome per esteso per firmare le sue opere e chissà se lo ha fatto mai…..
Voi cosa ne pensate?
Continuate a inviarmi i vostri quesiti e commenti,
Valeria
Ciao Valeria, mi sono sempre fatto le tue stesse domande.
Ti dirò di più: ogni volta che vedo la dicitura “firma leggibile” mi viene un moto di stizza e di solito mi ribello firmando con la mia vera firma (che è ben poco leggibile).
Come si può chiedere, specialmente su un documento legale, di apporre una “firma leggibile”, che quindi non ha le caratteristiche di unicità della firma spontanea, e considerarla valida?
Imitare una forma leggibile è molto più semplice e, non trattandosi della firma che noi riconosciamo come propria, è più difficile (o impossibile), magari a distanza di anni, per noi stessi affermare che si tratta di una firma autentica.
Ultimamente ho avuto questa discussione con un notaio il quale, pur riconoscento la bontà di alcune mie affermazioni, mi ha comunque obbligato ad utilizzare la firma leggible 🙁