Articolo appena apparso sul numero Settembre 2019 della Rivista ‘Luce e Ombra’, trimestrale a cura della Fondazione Biblioteca Bozzano-De Boni di Bologna.

di Valeria Zacconi*

Qualcuno potrebbe chiedersi quale sia oggi l’utilità di insegnare a scrivere in corsivo ai bambini. Ci si chiede se, nell’era tecnologica in cui oggi vive l’Occidente, insegnare a scrivere a mano non sia obsoleto, superato. Sembra chiederselo lo stesso mondo della scuola che, internazionalmente, va incoraggiando l’abbandono, programmato o di fatto, di questo apprendimento, giudicando questa abilità addirittura una perdita di tempo.

Esistono viceversa molte ragioni per cui è tuttora necessario favorire questo importante apprendimento, come risulta da numerose ricerche, alcune delle quali elencherò di seguito.

Tali ricerche dimostrano come la scrittura corsiva apporti diversi benefici, prima di tutto allo sviluppo cognitivo del bambino, influenzando positivamente l’ortografia, la memoria, il pensiero critico, l’attenzione, la concentrazione ‘l’autodisciplina’ e la capacità di lettura (come ignorare che anche quest’ultima si stia oggi tristemente perdendo?).

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Scrivere a mano è attività molto sofisticata e fine, peculiare dell’essere umano, le neuroscienze oggi confermano il fatto che essa attiva lo sviluppo di importanti capacità cerebrali che, come già detto, non riguardano soltanto l’atto di scrivere.

Premere tasti o toccare uno schermo, come vedremo, richiede l’utilizzo di ben altri muscoli, rispetto a quelli necessari per reggere e utilizzare una penna; Si tratta di azioni più semplici, che non promuovono un esercizio fine, ma che attivano il cervello in maniera assai più primitiva.

Maria Montessori aveva già compreso, oltre un secolo fa, l’importanza dell’attività manuale per l’evoluzione umana, suggerendo nel suo metodo che al bambino fosse costantemente fornita l’opportunità di intera- gire con la realtà circostante utilizzando le proprie mani, strumento di intima connessione, grazie al movimento, con i centri per lo sviluppo cerebrale e cognitivo. Con questo in mente la dottoressa-educatrice proponeva, per i bambini fin dalla più giovane età, attività tattili con i materiali più diversi atti anche ad avviare la preparazione alla manoscrittura. E’ infatti in età prescolare che si gettano le basi per la futura competenza e ricchezza del comporta- mento grafico.

Travasando, esercitandosi con le nomenclature, lavorando con gli incastri solidi e con gli incastri ferro, il bambino sviluppa la presa tridigitale (con cui successivamente, con tutta probabilità.  afferrerà lo strumento di scrittura); la leggerezza dei movimenti; la flessibilità del polso e, allo stesso tempo, l’organizzazione della gestione del movimento da sinistra a destra (necessario sia per leggere che per scrivere). Scarabocchiando e disegnando liberamente in età pre-scolare, il bambino si preparata alla futura attività scrittòria.

Oggi purtroppo i bambini utilizzano sempre meno le loro mani e sono scarsamente educati a farlo.

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Maria Montessori con una bambina.

Attraverso una ricerca la pedagogista Stephanie Müller ha evidenziato come il 70% dei bambini che escono dalla Scuola dell’Infanzia non possiede i prerequisiti per imparare a scrivere in corsivo. Ciò sarebbe dovuto proprio alla mancanza di sufficiente manualità e fisicità.

Le tecnologie sono senza dubbio strumenti importanti per l’attività umana di oggi, molti i benefici dall’uso del digitale nell’imparare a cooperare, ad affrontare e risolvere i problemi, a confrontarsi e a informarsi, a essere autonomi e crearsi un percorso di apprendimento su misura, ma è fondamentale che nella società moderna la scrittura a mano, con la sua forza di espressione del pensiero, continui ad occupare un posto di rilievo e non venga abbandonata. Alcune scuole americane, che avevano ‘fatto spazio’ all’implemento dello studio di mate- rie tecniche nel loro piano di studi, abolendo l’insegnamento (e quindi l’uso) del corsivo, stanno oggi facendo marcia indietro. Speriamo sia presto così anche per la Finlandia, che al momento ha optato per la messa al bando della mano-scrittura nelle proprie scuole e l’Estonia, il Paese europeo a più alta digitalizzazione.

“Ci si potrà stupire che i bambini delle primarie siano in rete per sette ore al giorno, tra giorni feriali e festivi. Ma anche i genitori hanno le loro responsabilità dal momento che mettono in mano uno smartphone o un tablet ai loro figli fin dal primo anno di vita. Diciamo che quella rappresenta l’età minima in cui un bimbo si trova davanti uno schermo digitale, ma quella media non sale di molto: due anni e mezzo.

A parziale compensazione il 70% dei bambini non possiede il cellulare”, il giornalista Pierangelo Soldavini scrive nel Novembre 2018 (Sole 24 ore, i dati vengono dalla ricerca “Digitale sì, digitale no”). E aggiunge: “Sono dati di certo parziali, ma indicativi della pervasività del digitale tra i più giovani. Si tratta di dati davvero preoccupanti!”

In un mondo dominato dalla scrittura delle macchine digitali (computer, iPad, smartphone, iPhone, ecc.), scrivere a mano non è soltanto un residuo nostalgico, ma qualcosa di estremamente utile e necessario. Gunnlaugur S. E. Briem, noto type designer e scrittore d’origine islandese, racconta che in una ricerca dell’Università dell’Indiana, condotta dal professor Karin Harman James, è stato seguito un gruppo di bambini tra i tre e i cinque anni. Alcuni avevano imparato le lettere dell’alfabeto digitando sulla tastiera, altri scrivendole a mano. Questi ultimi ricordavano meglio l’orientamento delle lettere, per esempio distinguendo con sicurezza la p dalla q.

Inoltre, la risonanza magnetica mostrava che i bambini che avevano appreso l’alfabeto scrivendo a mano, avevano un’attività cerebrale simile a quella di un adulto; riconoscevano con più esattezza le lettere, cosa che è molto importante per vedere in anticipo le lettere e sviluppare quindi una velocità di lettura maggiore. Scrivere una lettera dell’alfabeto è meglio che semplicemente guardarla, udirla o digitarla.

La maggior parte delle persone che sono andate a scuola tra gli anni Cinquanta e Ottanta del XX secolo ha imparato a scrivere seguendo nel corsivo lo stile inglese, che è ancora la regina delle scritture calligrafiche, sia nella versione pendente che in quella dritta, modello ottocentesco dominante nella scuola italiana.

Il corsivo è il modo più veloce e scorrevole per scrivere manualmente, grazie al fatto che la si esegue sollevando poche volte la penna dal foglio, poiché fra una lettera e l’altra sono previsti dei legamenti.

Da ricerche e indagini emerge inoltre con prepotenza che gli adolescenti ormai vivono, comunicano, interagiscono nel mondo ‘immateriale’ della rete, si immergono in realtà virtuali, mondi ‘altri’ che gli adulti faticano a comprendere e da cui genitori, educatori e docenti sono esclusi. L’ambiente stesso in cui il bambino vive influisce sull’uso del digitale; si è visto che più i genitori sono istruiti, minore è il tempo che il bimbo passa online e, al contrario, le ore sul web passate dai fi- gli aumentano con il ridursi del livello di istruzione dei genitori

Pc e tablet sono a quotidiana portata di mano sia per svolgere attività lavorative, sia per cercare informazioni o recensioni (per esempio geografiche o turistiche); i dispositivi elettronici sono entrati nella nostra vita dai ritmi sempre più veloci e ne sono oramai parte integrante.

La scuola del resto può sfruttare la tecnologia a sua volta in maniera immateriale, per sviluppare la creatività e sostenere il processo di apprendimento, attraverso i prodotti più innovativi, come i vari strumenti adattati alla realtà aumentata o virtuale, il tutto però controllato e circoscritto ad alcuni tempi e usi specifici, ma soprattutto non prima di essersi assicurati che il corsivo sia pienamente padroneggiato e uti- lizzato (per esempio per prendere appunti).

Benedetto Vertecchi, docente di pedagogia sperimentale all’Università di Roma Tre, sostiene che l’uso delle tecnologie determina una caduta nella capacità di scrivere non solo in senso meccanico, con grafie sempre più incomprensibili o strani mix di stili e caratteri nelle stesse parole: corsivo e stampatello, maiuscolo e minuscolo. Una caduta che investe sia la capacità di tracciare i caratteri, sia quella di organizzarli correttamente in parole, da usare per costruire il messaggio.

In pratica, l’uso di mezzi digitali comporta l’attenuazione, e talvolta la perdita, della capacità di coordinare il pensiero. Insieme all’attività necessaria per tracciare i segni, gli alunni delle scuole primarie hanno sempre più difficoltà a usare le forbici e, a livello ortografico, sono estremamente carenti.

L’utilizzazione continuata dei correttori automatici riduce infatti la consapevolezza ortografica. Il ricorso continuo alla funzione copia-incolla riduce la necessità di sviluppare una personale linea argomentativa. Ma per Vertecchi l’effetto più pericoloso è la caduta della memoria. La scrittura a mano coinvolge più parti del cervello e, secondo le neuroscienze: più parti del cervello si usano, più cose si ricordano.

Trovare sempre risposte all’esterno non permette infatti di far ‘lavo- rare la testa’!

Insomma, non si scrive più a mano, tanto che non solo le nuo- ve generazioni tendono a considerare tale pratica come un retaggio d’altri tempi, ma anche molti adulti disimparano a farlo, fino al punto che l’apposizione della propria stessa firma, a cui è sempre più spesso preferita quella «digitale», viene, ove possibile, evitata.

Il graduale abbandono della scrittura manuale risponde a una logica di ottimizzazione delle risorse: digitare lettere su un dispositivo è oggettivamente meno complesso che vergare caratteri su un foglio bianco, basti pensare che per imparare a scrivere i bambini impiegano in media due anni di tempo. Ma se i vantaggi in termini di rapidità e semplificazione sono indubbi, è anche vero che il passaggio dall’una all’altra modalità è stato favorito dall’uso pervasivo degli smartphone fin dalla più giovane età. Si calcola infatti che i bambini delle primarie siano in rete per sette ore al giorno, sette giorni su sette (faccetta con occhi spalancati!), ma si tratta di bimbi ai quali è stato offerto un cellulare talvolta fin dal primo anno di età, più spesso (troppo spesso) dai due anni e mezzo!

Scrivere a mano non è per nulla una cosa semplice per il bambino: prima che egli sia in grado di farlo, deve raggiungere la raffinatezza del movimento del braccio e della mano

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Scrivere a mano fa bene anche alla salute.

attraverso un coordinamento neuro-muscolare che deve coordinare 29 ossa, abilità che si completa dopo i cinque anni, quando infatti si può iniziare a cimentarsi con l’apprendimento della mano-scrittura.

La scrittura a mano è la combinazione di vari aspetti tra loro connessi: linguistico; segnico o simbolico; legato al suono e la conseguente lettura; grafico; psicologico (la lettera come risultato del modo di percepire e di esprimere se stessi).

In controtendenza si registra oggi, anche in Occidente, un accresciuto interesse per i corsi di ‘Calligrafia’ da parte di adulti che rimpiangono corsi scomparsi dalle nostre scuole all’epoca della Riforma Gentile nel 1923, quando questa materia fu sostituita dalla, apparentemente meno ingessata, ‘Bella scrittura’, coadiuvata dal manuale di Alessandro Marcucci per l’insegnamento metodologico della materia nelle elementari.

Dal 1985 non c’è più l’obbligo di questo insegnamento, mentre la Calligrafia, che si era mantenuta nelle scuole di avviamento professionale, è stata abolita nel 1970. Da allora le grafie di bambini, adolescenti e adulti (spesso anche insegnanti) sono peggiorate in quando a chiarezza, armonia, ritmo e buona conduzione del gesto e non si è più fatto nulla per migliorare (cioè guidare, se non correggere) la grafia dei bambini, salvo rare eccezioni di maestri e maestre pazienti, tenaci e creativi.

Disegnare, scarabocchiare e scrivere non sono solo attività ‘manuali’, per quanto sofisticate, ma rappresentano un vero e proprio comportamento: uno dei più complessi della persona umana per quanto riguarda sia la sua percezione, sia l’esecuzione. Attraverso il gesto grafico manuale la persona descrive infatti la propria complessità esistenziale.

Al comportamento grafico partecipa in maniera sinergica tutto l’essere: la struttura fisica della persona, con la propria energia soggettiva; i ritmi e le pulsioni vitali con cui questa si esprime ed è colorata dalle sue dinamiche affettivo-intellettivo-razionali-relazionali che definiscono il suo comportamento. “Tutte queste interazioni modulano il tracciato grafico nelle sue connotazioni qualificanti (ordine, ritmo, velocità, armonia, pressione, orientamenti degli assi letterali, relazione spazi vuoti e pieni, continuità e frammentarietà del movimento, ampiezza spaziale del grafismo, estetica del tracciato, gesti fuggitivi, ecc.).

Pertanto il grafismo è espressione dinamica sintetica del vivere personale…”, come ha recentemente scritto p. Fermino Giacometti, Presidente dell’Istituto Grafologico Moretti di Urbino.

Si comprende come per noi grafologi in particolare, pur non demonizzando le moderne tecnologie, la salvaguardia dell’insegnamento e dell’uso del corsivo sia una questione vitale di impegno appassionato. Vorrei che fosse considerato un po’ come l’allarme dei pediatri rispetto all’eccessivo consumo di merendine da parte dei nostri bimbi sempre più obesi.

 Valeria Zacconi

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Su Facebook è attiva da anni una pagina che si chiama Campagna per il diritto di scrivere a mano, vi invito a seguirla.
(https://www.facebook.com/campagnaperildirittodiscrivereamano/)
*Valeria Zacconi, grafologa, diplomata presso la Scuola Superiore di Studi Grafologici di Urbino con specializzazione in grafologia peritale. Socia dell’Associazione Grafologica Italiana collabora con l’Istituto Grafologico ‘G.Moretti’ di Urbino e la rivista ‘Scrittura’.
Consulente nell’area delle risorse umane, in sinergia interdisciplinare con counselor, life coach e psicoterapeuti, è interessata alla ricerca del benEssere della persona, anche come erborista, floriterapeuta e naturopa.

Summary

Writing by hand is a very sophisticated and refined activity, peculiar to the human being, neuroscience today confirms the fact that it activates the development of important brain capacity which, as already mentioned, does not only concern the act of writing.

In a world dominated by the writing of digital machines (computers, iPads, smartphones, iPhones, etc.), handwriting is not only a nostalgic residue, but something extremely useful and necessary.
Important research on the subject by leading universities has shown that “the use of technologies determines a fall in the ability to write not only mechanically, with increasingly incomprehensible handwriting or strange mix of styles and characters in the same words: italics and block letters, uppercase and lowercase. “

The whole being participates in the synergic way to the graphic behavior: the physical structure of the person, with his own subjective energy; the vital rhythms and impulses with which this is expressed and colored by its affective-intellectual-rational and relational dynamics that define its behavior.