Si può capire da uno scritto (anonimo) se la grafia appartiene a un uomo o a una donna?

 

Nei molti film e telefilm di tipo poliziesco che proliferano in ogni paese, spesso vengono fatti riferimenti di grafologia peritale (ne è un esempio l’episodio di un vecchio Maigret che riporto nel sito: http://consulenzeingrafologia.it/lispettore-maigret-e-il-suo-grafologo-a-effetto/, ma ne ho visti in altre versioni di Maigret, in Montalbano, Law and Order Usa e Parigi, Poirot, Mrs. Marple, Perry Mason…….) in cui spesso si afferma che la tal grafia ‘appartiene a un mancino’, oppure ‘appartiene a un uomo’ o ‘appartiene a una donna’.

Grafologicamente è molto difficile distinguere oggettivamente se uno scritto è stato ‘vergato’ (come si dice) da un rappresentante dell’uno o dell’altro genere, così come se è stato eseguito da un mancino o da un destrimane.

Restiamo al primo punto: uomo o donna?

Essendo espressione della natura umana più profonda, la grafia registra come lo scrivente si sente e riconosce, il che può anche essere in contrasto con il sesso (maschile o femminile) della nasciata. L’educazione, le tendenze personali, le preferenze, le esperienze, forgeranno una natura complessa che, riflettendosi nella grafia, potrebbe anche discostarsi da quel primo fatidico annuncio in sala parto: ‘è un bel bambino!’ o ‘è una femminuccia’…..

Sapere se chi ha eseguito uno scritto è uomo o donna, ragazzo o ragazza è quindi una delle informazioni che il Consulente Grafologo dovrà raccogliere insieme agli scritti da analizzare. Ne parlo nel mio e-book (scaricabile gratuitamente dal mio sito: www.consulenzeingrafologia.it) e anche in alcuni miei post precedenti a questo.

Suggerisco ai lettori curiosi e attenti di rileggersi quello che parla degli ‘Strumenti del mestiere’: http://consulenzeingrafologia.it/?s=gli+strumenti+del+mestiere.

L’identità sessuale non sempre coincide con l’identità di genere. A livello psichico, infatti, non vi è  un limite netto tra la parte femminile e maschile di ciascuno di noi, che verranno via via delineandosi e definendosi grazie ai fattori fisiologici, ma soprattutto ambientali, citati sopra. Per cui una ragazza, di identità sessuale femminile, potrebbe sentire e aver coltivato in sé un’identità di genere mascolina (più Animus, per citare Jung) e presentare una grafia che solitamente (e culturalmente) tendiamo a riconoscere come ‘mascolina’, ledendo o meno la sua femminilità. L’inverso potrebbe avverarsi in un ragazzo, con una prevalenza di tratti Anima, senza ledere la sua mascolinità, oppure ribaltandone l’identità di genere.

Alcune spinte socio-culturali potrebbero anche far si che una ragazza sviluppi una femminilità non autenticamente spontanea, ma un po’ stereotipata e, analogamente, un ragazzo tenda ad esprimersi in modo esageratamente ‘maschile’.

Conoscere il sesso di nascita di chi scrive permette, attraverso lo studio grafologico, di monitorarne l’avvenuta o meno identità di genere e le mille possibili sfumature in cui si esprime.

Alcuni esempi:

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Sopra la grafia fortemente Anima del calciatore brasiliano Pelé.

Sotto la grafia ricca di Anima dell’artista Marc Chagal:

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Sotto la grafia femminile, ma allo stesso tempo fortemente Animus, della stilista francese Coco Chanel:

 

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E quella decisamente ‘maschile’, solida, essenziale di Eduardo de Filippo:

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Sotto la grafia fortemente Animus (qui in ebraico) della ex Primo Ministro Israeliano Golda Meir:

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E quella dalla femminilità stereotipata di Marilyn Monroe all’età di 18 anni (la prima, firmata col suo vero nome, N orma Jean) e nei 20 anni (la seconda):

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Si comprende bene come, in tutti questi casi, sapere prima di effettuare l’analisi grafologica se a scrivere fosse stato un uomo o una donna, era fondamentale per non sviarne l’interpretazione.