Ragazzi, non abbandonate la mano-scrittura, non troppo presto e mai completamente. Scrivere a mano aiuta l’intelligenza e anche il cuore!

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A scuola la grafia deve essere soprattutto leggibile, perché devono essere letti dall’insegnante. In nome di questa chiarezza e leggibilità talvolta i ragazzi vengono incoraggiati a scrivere in stampatello, lasciano cadere un prezioso esercizio di coordinamento motorio, ma anche cerebrale.

Incoraggiare il metodo e un certo ordine nell’insegnamento della grafia è sicuramente positivo (vedi articoli precedenti I/II/III), ma frustrare i ragazzi o peggio schiacciarli sotto pesanti critiche perché ‘scrivono male’ è sicuramente controproducente. Una delle prime cose che mi è stata trasmessa nel corso dei miei studi grafologici ad Urbino è che non tutte le belle grafie sono realmente ‘belle’ e che spesso le ‘brutte’ grafie hanno qualcosa di importante da dire, qualcosa che non si riesce ad esprimere a parole, per esempio, oppure segnala un problema di origine neurologico, insomma, di salute.

Genitori e insegnanti dovrebbero sempre mostrare attenzione alle grafie dei ragazzi, farlo con cuore e mente aperta.

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I ragazzi stessi non dovrebbero rinunciare ad osservare la propria grafia, anche se oramai scrivono soprattutto con i mezzi elettronici. Andrebbero incoraggiati a disegnare, scarabocchiare, scrivere note a mano il più spesso possibile, tenere un diario, inviare biglietti d’auguri o accompagnare un dono con una nota scritta; a non accontentarsi delle abbreviazioni e della tastiera.

La mano-scrittura rappresenta infatti una delle più complesse attività umane, quella che maggiormente ci differenzia dagli altri animali, fatta eccezione per la consapevolezza (di vivere, pensare, dover morire…..).

Prendete di tanto in tanto in mano carta e penna ragazzi! Guardate la vostra grafia com’è e confrontatela a com’era qualche tempo fa. E’ diversa da quella dei vostri compagni, fratelli, cucini? In cosa differisce? Nella grandezza, nell’odine, negli abbellimenti, nella pressione? Potreste anche mettere in relazione queste diversità con quelle fra i vostri caratteri o temperamenti……Guardate la grafia dei vostri genitori, oggi e – magari chiedendo ai nonni se hanno ancora dei vecchi quaderni o delle loro letterine – com’era una volta. Che differenze osservate fra la vostra grafia di oggi e quella degli anni passati? E fra la vostra e quella dei vostri genitori, o nonni, quando erano bambini?

L’esercizio può sembrare tedioso, ma invece porta in sé un gran bagaglio di riflessioni interessanti. I maestri stessi potrebbero incoraggiare questo tipo di ricerca….

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Un altro utile esercizio potrebbe essere scrivere il proprio nome per esteso a matita con la mano abituale, poi provare a farlo con l’altra mano, magari con la bocca e persino col piede. Sarete sorpresi di ritrovare, al di là della minore fluidità della grafia prodotta con gli ‘arti’ non usuali, una grande somiglianza o perlomeno ‘familiarità’ fra i diversi prodotti grafici.

La grafia rappresenta chi scrive, il suo mondo interiore, prima di tutto, ma anche come si relazione all’esterno, come siamo fatti, come sentiamo, come pensiamo, se e come siamo pronti ad agire. Scrivendo comunichiamo prima di tutto il nostro modo di essere e di sentire, la grafia traccia una sorta di elettroencefalogramma sulla carta, la proiezione viva e ‘pulsante’ del nostro corpo e del nostro intero sistema nervoso.

Insegnamo ai ragazzi a considerare ciò che vedono a proposito dei diversi tracciati, a conoscere e conoscersi, a dialogare attraverso di essi.