Aiutiamo i nostri piccoli nell’apprendimento graduale della manoscrittura. Poniamo delle regole, vigiliamo e mostriamo loro apprezzamento per il difficile compito che stanno affrontando.

 

Nell’era del digitale, in cui si scrive principalmente al computer e in cui anche la carta sta scomparendo e i libri sono ‘virtuali’, ci si domanda se abbia ancora un peso la scrittura a mano e che senso abbia dar valore alla grafia e insegnarla nelle scuole.
Queste sono domande che mi rivolgono spesso le persone cui parlo di grafologia.
Occorre premettere che in Italia, dal 1985, con i “Nuovi programmi per la scuola elementare”, si assiste a un deciso cambiamento di rotta, sono archiviate le aste e i cerchietti di cui riempire i primi quaderni e si privilegia un apprendimento della scrittura più di tipo ‘spontaneo’ secondo il ‘metodo globale’ che ha l’intenzione di privilegiare la natura del singolo bambino.

Così i nostri bambini imparano già da piccolissimi ad ‘ispirarsi’ alla grafia di campione, senza più apprendere e apprezzare il valore dei singoli lemmi (parti che costituiscono la lettera, come occhiello, gambina, traglio, risvolto) e senza riflettere, in un certo senso ‘assimilare’, il significato che i debiti rapporti e proporzioni portano in sé. Non si chiede ai bambini di rispettare le righe, si ha come il timore di dar loro dei ‘limiti’, degli argini’, infatuati come siamo della libera espressione spontanea… Come spesso accade, fra due estremi, eccesso di forma ed eccesso di libertà espressiva, saltando le tappe, occorre una saggia via di mezzo. Occorre inoltre seguire le tappe di sviluppo e maturazione neuro-psico-fisiologica del bambino, guidarle opportunamente, in modo che, fra la gestualità dell’esecuzione del primo scarabocchio, i disegni successivi, l’apprendimento della scrittura, si verifichi un continuum armonico che, solo tra la fine delle medie inferiori e le superiori, darà vita a forti personalizzazioni. Inutile e in certi casi dannoso incoraggiarle prima.

Senza un adeguato esercizio scrittorio si abbassa l’intero grado delle funzionalità motorie ed intellettive dell’uomo e, inoltre, il ‘segno’, il simbolo, non sedimenta e non esprime più tutta la sua armonica e meravigliosa ricchezza, ma resta confuso, disordinato, non-compiuto.

Se è possibile compilare documenti, studi, ricerche, inviare messaggi e auguri e persino scrivere libri, in una parola COMUNICARE senza manoscrittura, tuttavia nulla toglie a quest’ultima due principali caratteristiche: il suo valore di ‘marchio’ personale (sostanzialmente anche legale; dobbiamo ancora firmare a mano i nostri documenti e contratti) e quello di espressione principe di un’attività sofisticata e altamente specializzata che solo l’uomo può eseguire.

Scrivere è un’attività della comunicazione prettamente NON verbale. Si scrive infatti come si cammina, come si gesticola, come si parla e come si respira…..la scrittura è e resta attività indicativa, segnaletica della natura più profonda dell’uomo e, in quanto ‘prodotto’ del suo ingegno e ‘codice’, non può non essere appreso e non può non avere regole. Non s’ impara forse a camminare, a nuotare ad andare a cavallo, a sciare….ogni attività legata alla mente umana, (a maggior ragione l’esecuzione della scrittura che è stata inventata dall’uomo), richiede un apprendimento e quindi delle regole; non è forse vero che chi impara da autodidatta o senza guida a nuotare, andare a cavallo, sciare…..assume inevitabilmente ‘storture’ che gli è poi difficile correggere e non gli consentiranno di eccellere in quello sport o quella disciplina?

La grafia segue passo passo lo sviluppo del bambino; i movimenti fini e le soluzioni veloci non possono precedere le regole del rapporto interno fra i vari elementi letterali, gli spazi, le proporzioni date, pena la perdita di competenza fine e un grande, inutile affaticamento che finisce inevitabilmente per manifestarsi nel prodotto finale: la ‘brutta scrittura’, di cui poi molti insegnanti si lamentano, soprattutto per la sua illeggibilità.

La grafoterapia non agisce direttamente sulla scrittura, non si pre-occupa delle forme, ma
interviene sul gesto che le traccia, in modo strutturato e costante per un certo periodo; guida, ma lascia allo scrivente una relativa libertà, senza andare a “toccare” direttamente la scrittura stessa.

È un po’ alla maniera delle forme pregrafiche che si incorporano col gesto alla scrittura stessa, la rieducazione è infatti prima di tutto sostegno della dinamica grafica, come dicevo sopra.

Caldeggio vivamente che si riprenda anche nelle nostre scuole, anche nell’era tecnologica e digitale, l’insegnamento della grafia nei suoi aspetti dinamici per tutto il periodo delle scuole primarie.

Trattandosi dell’attività cognitiva per eccellenza, che la scrittura sia corretta dagli insegnanti; il suo apprendimento accompagnato da opportune ‘soste’, in termini di tempo e nelle righe date. Provate a dire a un insegnante o a un genitore francese che i bambini possono, anzi, debbono scrivere spontaneamente fin da piccolini, vi guarderebbe come foste marziani… Loro non hanno nemmeno il diario a righe ‘libere’ o fantasia, ma rigorosamente standardizzato e uguale per tutti, stesse righe dei quaderni, fornito direttamente dalla scuola.

La nostra scrittura nazionale, già dall’infanzia, troppo spesso manifesta strani andamenti; svolazzi, risvolti a spirale, scarabocchi e ingolfamenti che dicono di una manualità e di una maturità non compiuti. Coordinazione motoria e una serie di scelte equilibrate sono allenate anche da una corretta sosta nella fase di apprendimento della scrittura a mano. Se si saltano le tappe e si va troppo veloci, sia la grafia, sia l’intera competenza neuro-motoria della persona ne risentono e in più campi di competenza: mentale, psichico, affettivo, operativo, intellettivo.

Quanto è più rasserenante sapere come si esegue un gesto, che effetto deve produrre per ogni dato periodo dell’apprendimento, tanto più è sciolta e sicura successivamente la personalizzazione. Oggi si vedono bambini di otto anni che cercano di imitare la scrittura dei grandi e non il modello calligrafico (quello dell’abecedario di una volta, per intenderci). Risultato: poca chiarezza (nello scritto, ma anche interna), disordine, disomogeneità, affaticamento e, soprattutto, disgregazione dell’Io e della personalità, prima ancora che si siano formati.

E’ errato pensare di poter scrivere ‘da grandi’ quando non si è sufficientemente governato il gesto ‘da piccoli’, ne derivano solo grafie sconclusionate. La “brutta scrittura” è spesso conseguenza della mancata cura da parte degli adulti dello sviluppo grafo-psico-motorio del bambino, che magari è accusato, il più delle volte ingiustamente, di essere pigro. La disgrafia è una vera e propria patologia, al punto che le persone che ne risultano affette si liberano della sofferenza dello scrivere soltanto quando iniziano adusare il computer.

Tra i 6 e i 10 anni si verificano i cambiamenti più importanti nella grafia del bambino: diminuzione della dimensione, superamento delle principali difficoltà grafomotorie, aumento della precisione, della regolarità del gesto e della continuità nel movimento.

In maniera preponderante avviene il cambiamento nella strategia del controllo motorio: dalla prevalenza dell’utilizzazione delle informazioni visive e tattilo-cinestetiche, definita comunemente controllo occhio-mano, alla rappresentazione interna del movimento, con la messa a punto di programmi motori che vengono attivati per l’esecuzione delle lettere e delle parole.ù

Dalla fase precalligrafica, fino agli 8 anni, a quella calligrafica, dai 9 anni e per tutta la preadolescenza, al momento della ricerca e definizione graduale di una scrittura soggettiva più personale, quest’ultima continua a modificarsi a causa di numerosi fattori come l’età, il genere, le condizioni socio-familiari, la motivazione, il tipo di motricità fine.

Dopo i 10-12 anni aumenta l’efficienza e la ricerca di una scrittura più personale, che proseguirà poi nell’età adulta, con possibili mutamenti che registrano lo stato mentale e fisico dello scrivente.

Se non vengono rispettate queste fasi, possono verificarsi difficoltà in ordine all’aspetto esecutivo della scrittura, definite in neuropsichiatria: “sindromi che impediscono o rallentano l’apprendimento e la successiva automatizzazione del gesto grafico”, cioè delle disgrafie, che sono del resto in aumento in Italia. Oggi questo disturbo interessa il 20% degli alunni, ma sappiamo che sono in aumento anche altri disturbi dell’apprendimento e dell’intera socializzazione.
Avremo le famose ‘brutte scritture’ che denunciano difettosi collegamenti fra i vari organi di senso e i centri cerebrali ed è un vero peccato, nel senso etimologico, greco antico ed ebraico, di ‘aver mancato il bersaglio’, esserci passati accanto…aver perso l’occasione. Questo è ciò che succede prendendo sottogamba, liquidando come vecchiume ormai superato, l’atto prezioso e nobile di guidare la mano sul foglio bianco, di giungere a padroneggiare con competenza uno straordinario insieme di competenze neuro-psico-fisiologiche, che è anche una splendida metafora del movimento stesso dell’uomo nel proprio spazio vitale.

Un inadeguato sviluppo grafomotorio è spesso riconducibile a un apprendimento mancato della corretta postura e presa dello strumento grafico, dal modo frettoloso e incompetente di tracciare una lettera, su come collegare le lettere tra di loro e su come organizzare lo spazio grafico per potere ottenere un gesto gradualmente più fluido e ben controllato, evitando appunto forme di disgrafia. Quando la scrittura di un bambino evolve con automatismi poco funzionali o addirittura scorretti, la sua grafia non può che peggiorare nel tempo fino a richiedere un vero e proprio intervento di recupero, di rieducazione della scrittura.

Reintrodurre un qualche riferimento al modello calligrafico: ‘come si fa’ a scrivere; un controllo, da parte degli insegnanti, continuo, vigile, fermo ed affettuoso della corretta esecuzione del movimento grafico, dei lemmi letterali, delle parole, dei legamenti e della gestione degli spazi, sarebbe di grande aiuto per tutta la durata delle elementari.

Oltretutto scrivere significa anche leggere, evento che coinvolge i processi visivi, di decodifica e comprensione del testo manoscritto, come e meglio di quello della stampa.

Condotta saggiamente, la grafoterapia moderna non agisce direttamente sulla scrittura: interviene solo sul gesto che la traccia, per un certo periodo, in una relativa libertà, senza “toccare” direttamente la scrittura stessa.

 

Che fare dunque?

1-Monitorare
Genitori e insegnanti sono chiamati a ‘monitorare’ la grafia dei figli che è frutto della postura generale del corpo dei bambini, del modo di tenere la penna e il foglio. Errato compiacersi di atteggiamenti troppo ‘da grandi’ nel modo di scrivere di un bambino in età scolare. Numerose lettere ripassate oltre a irregolarità nella dimensione, nel rigo di base, nell’utilizzazione dello spazio.

2- Comunicare fra adulti
Talvolta i genitori riferiscono le proprie perplessità ai maestri, ma questi non sempre sono preparati ad accogliere tali osservazioni, poiché non hanno più loro stessi le linee guida cui affidarsi per sostenere un corretto insegnamento dell’abilità grafica. Se è l’insegnante ad evidenziare un problema di eccessiva illeggibilità o ’brutta scrittura’, può essere il genitore a minimizzare, spesso compiaciuto della precoce ‘autonomia’ grafica del proprio figlio; la confusione dilaga e il bambino, stiracchiato nel desiderio di compiacere i suoi adulti di riferimento e privo di guida, soffre di una grande stanchezza e non matura appieno la propria competenza.

3- Mantenersi aperti, aggiornati
Non chiudersi in modo ‘autoreferenziale’, aggiornarsi con l’aiuto di grafoterapeuti e grafologi che conoscano le scale di valutazione elaborate negli anni, proprio per la valutazione degli ‘items’ relativi allo sviluppo della grafia del bambino, è sicuramente una buona mossa. Il grafologo può aiutare a dare la giusta valutazione di un ‘indice’ della scrittura che è, solo apparentemente, perturbato ed è invece frutto della fisiologica fatica di apprendere e padroneggiare la complessa attività scrittoria, oppure ciò che invece non rientra in questo percorso, ma porta altrove, stanca e frustra il bambino.

4- Correggere per dare sicurezza
Dare sicurezza è il compito sia dell’insegnante, sia del genitore, che si accorge di solito quando qualcosa non è armonico nella grafia del bambino. E’ dunque fondamentale che gli adulti si facciano promotori di un’azione di intervento di rieducazione precoce, perché impadronirsi di un buon gesto grafico va ben al di là della competenza puramente strumentale della scrittura manuale, favorisce la formazione globale del bambino, in termini di maggiore equilibrio e controllo psicomotorio, attenzione e capacità di autocorrezione, con una positiva ricaduta sul profitto scolastico, soprattutto nei tipi di apprendimento legati alla scrittura come l’ortografia e la capacità di esprimersi per iscritto, ma soprattutto migliora l’autostima e innalza la motivazione.

Un modo inoltre per dare fiducia al bambino è evidenziare dove egli è riuscito, anziché puntualizzare i suoi errori o tentativi falliti. L’insegnante accompagna l’evidenza dei buoni risultati con l’approvazione verbale, per incoraggiare il bambino a proseguire nell’attività, sostenendo il suo innato desiderio di apprendere, di riuscire e di migliorare. Imparare a scrivere a mano rappresenta davvero una rivoluzione per il piccolo d’uomo, sia nella coscienza che culturale.

5- Incoraggiare il lavoro costante e paziente
Oggi si privilegia partire dal gesto per arrivare alla forma e non viceversa, come usava fino agli anni ’70, poiché la forma non è che il risultato finale. Anziché chiedere di copiare una forma letterale, è più utile insegnare “come si fa” a eseguire quella lettera, da che punto è più conveniente partire, in che direzione andare e come collegarsi con le altre lettere, per rendere più agevole il compito degli alunni in questo tipo di apprendimento, evitando che siano loro a dovere trovare la “strada” da soli, che spesso non sarebbe la più facile per eseguire il corsivo, poiché i bambini non ci riescono correttamente da soli.

Le regole fondamentali di una buona educazione o rieducazione della scrittura sono:
1. gradualità
2. sistematicità
3. continuità
4. apprezzamento

Questo post è stato un po’ lungo: Come capirete, l’argomento mi sta a cuore. Gettate le basi del discorso, tornerò ancora a parlarne.

Un caro saluto, alla prossima!

Valeria