Vano pensare di poter scrivere ‘da grandi’ quando non si è sufficientemente governato il gesto ‘da piccoli’ (III/III)
In Italia, dall’85 – con l’entrata in vigore dei ‘Nuovi programmi per la scuola elementare’ si incoraggia l’apprendimento ‘spontaneo’ della grafia da parte dei bambini, diciamo per imitazione. Non si insegna più come eseguire le singole lettere corsive, cioè come procedere (es: da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso), ma si fa semplicemente ‘vedere’ e copiare il prodotto finito – spesso stampatello).
Ho già parlato in altri post (I/II) dell’uso contemporaneo, in molte delle nostre scuole, di caratteri stampatelli (maiuscoli e script) e corsivi, che genera inevitabilmente confusione.
I bambini nelle scuole italiane imparano ad ‘ispirarsi’ alla grafia di campione, senza più apprendere e apprezzare il valore dei singoli lemmi (parti che costituiscono la lettera, come occhiello, gambina, taglio, risvolto) e senza ‘assimilarne’ il senso o il significato che i debiti rapporti e proporzioni portano in sé.
Non si chiede ai bambini di rispettare le righe, si ha come il timore di dar loro dei ‘limiti’, degli ‘argini’, infatuati come siamo della libera espressione spontanea…
Tra eccesso di forma ed eccesso di libertà espressiva occorre ritrovare una serena via di mezzo. Occorre inoltre seguire le tappe di sviluppo e maturazione neuro-psico-fisiologica del bambino, guidarle opportunamente, in modo che, fra la gestualità dell’esecuzione del primo scarabocchio, i disegni successivi e l’apprendimento della scrittura si verifichi un continuum armonico che, solo tra la fine delle medie inferiori e le superiori, darà vita a forti personalizzazioni.
Inutile e in certi casi (sicuramente nel periodo della scuola primaria) dannoso incoraggiarle prima.
Se è possibile compilare documenti, studi, ricerche, inviare messaggi e auguri e persino scrivere libri, in una parola COMUNICARE senza manoscrittura, tuttavia nulla toglie a quest’ultima due principali caratteristiche: il suo valore di ‘marchio’ personale (sostanzialmente anche legale; dobbiamo ancora firmare a mano i nostri documenti e contratti) e quello di espressione principe di un’attività sofisticata e altamente specializzata che solo l’uomo può eseguire.
Scrivere è un’attività della comunicazione prettamente NON verbale. Si scrive infatti, si cammina, si gesticola, si parla e si respira…..in modo unico e personale.
La scrittura è indicativa, cioè altamente segnaletica, della natura più profonda dell’uomo e, in quanto ‘prodotto’ del suo stesso ingegno e ‘codice’, non può non essere appreso e non può non avere delle regole di esecuzione.
Non s’ impara forse a camminare, a nuotare ad andare a cavallo, a sciare….a tirare con l’arco secondo delle regole? Anche l’apprendimento della scrittura a mano richiede un apprendimento che si basi su delle regole, altrimenti si rischia, da autodidatti, di assume ‘storture’ che è poi difficile, se non impossibile, correggere.
Trattandosi di attività cognitiva per eccellenza, la scrittura dovrebbe essere ‘materia’ vera e propria di insegnamento e correzione; il suo apprendimento accompagnato da opportune ‘soste’, in termini di tempo e modalità (nelle righe date).
Se si saltano le tappe e si va troppo veloci, sia la grafia, sia l’intera competenza neuro-motoria del bambino ne soffrono in più campi di competenza: mentale, psichico, affettivo, operativo, intellettivo.
Oggi si vedono bambini che già a otto anni cercano di imitare la scrittura dei grandi e non il modello calligrafico (che sarebbe quello dell’abbecedario di una volta, per intenderci). Risultato: poca chiarezza (nello scritto, ma anche interna), disordine, disomogeneità, affaticamento e, soprattutto, disgregazione dell’Io e della personalità prima ancora che si siano formati.
E’ errato pensare di poter scrivere ‘da grandi’ quando non si è sufficientemente governato il gesto ‘da piccoli’, ne derivano solo grafie sconclusionate e senso di inadeguatezza. La “brutta scrittura” è spesso conseguenza della mancata cura da parte degli adulti dello sviluppo grafo-psico-motorio del bambino, che magari è accusato di essere ‘pigro’.
La disgrafia, purtroppo drammaticamente in aumento in Italia, è una vera e propria patologia, di fatto ‘promossa’ (vuole essere un gioco di parole), proprio nelle nostre scuole.
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