Continua il vaggio nelle competenze o ‘intelligenze’ dell’essere umano (II).
Per la neurobiologia le emozioni sono un comportamento e scaturiscono da un evento che ‘colpisce’; dal punto di vista evolutivo sono risposte fisiologiche volte all’ottimizzazione delle nostre azioni nel mondo circostante.
Le emozioni fondamentali, o primarie, schematicamente, sono :rabbia, paura, gioia, tristezza, disgusto e sono trasmesse al cervello dal sistema limbico (una serie di strutture neuronali di cui fanno parte l’ippocampo, il giro del cingolo, il talamo anteriore e la ghiandola amigdala) che risiedono nella neocorteccia, al centro del cervello. Le emozioni cognitive, secondarie o superiori, come amore, senso di colpa, imbarazzo, orgoglio, gelosia, vergogna, invidia, sono meno ‘spontanee’ delle prime e legate all’apprendimento e all’esperienza personale e sono ‘innescate’ a livello della corteccia.
Le emozioni, siano esse positive o negative, sono mediatori complessi fra mondo esterno ed interno e variano da soggetto a soggetto in base alla loro piacevolezza o meno, alla compatibilità con i sistemi di credenza o norme sociali di riferimento…ma non sono attivate su una base oggettiva (l’evento in sé), quanto dalla lettura che ognuno ne dà in un dato momento e che si agganciano o generano ciò che la moderna psicologia chiama un ‘risentito’.
Qui entra in gioco l’Intelligenza emotiva (descritta dagli anni ’80 da Daniel Goleman – vedi nota), secondo cui le persone possono gestire e canalizzare le proprie emozioni (fino all’estremo, soffocante, controllo), oppure lasciarsi andare emotivamente alle emozioni (fino all’estremo dominio di queste ultime sui vari aspetti esistenziali).
Un’efficace immagine offerta dalla filosofia buddista parla di cavallo (le emozioni) e cavaliere (l’uomo emotivamente ‘intelligente’, il cavaliere della ‘via di mezzo’), che dovrebbe gestire l’energia del primo e non farsene travolgere.
Questa ‘Intelligenza emotiva’ si connette direttamente con l’Intelligenza Intrapersonale descritta da Howard Gardner (vedi post: Di che intelligenza sei? o anche Le sette intelligenze ) poiché presuppone la consapevolezza dei propri stati d’animo e della loro portata; la valutazione assennnata delle proprie risorse fisiche e psichiche di fronte all’evenienza (anche emozionale) che ci si presenta.
Va da sé una buona competenza emotiva non solo porti a provare emozioni appropiate al contesto, ma anche a gestirle adeguatamente, fornendo risposte coerenti con la situazione personale, tenendo conto anche dell’interlocutore, per evitare fraintendimenti. E qui entra in gioco l’Intelligenza Interpersonale (vedi post precedente).
L’efficacia dell’Intelligenza, in campo sia affettivo sia lavorativo (le due cose non sono in realtà disgiunte), risulta da una sorta di combinazione di questi tre livelli (emotivo, interpersonale e intrapersonale – di cui ho già scritto nel post già citato), oltre che alle reali competenze professionali e a una matura autostima; senza uno di questi elementi è difficile creare ben-Essere con se stessi. Fondamentale è la connessione con la propria mente, il proprio corpo, il proprio cuore e la propria anima (o spirito).
L’equilibrio con le proprie emozioni è più frutto di allenamento che semplice ‘dono’, anche se c’è chi è più o meno ‘attrezzato’, vedremo più sotto alcuni esempi. Ognuno di noi è chiamato, in un certo senso, a completare l’opera della propria creazione, la vita(lità) è flusso, dinamica, ricerca, non è mai acquisita per sempre e non è statica.
Le competenze emotive maturano al sole positivo della ricerca (di consapevolezza) e della speranza e sono nutrite da compassione e fiducia (che per alcuni è Fede).
Gli strumenti per l’efficacia personale e l’interazione efficace della nostra personale vibrazione con l’ambiente esterno è data da una miscela di predisposizioni (talvolta anche pre-natali), disponibilità al cambiamento e autoriforma; in un’ottica di ascolto dell’altro e di una saggia contestualizzazione delle reazioni proprie e altrui.
Competenza emotiva.
(Per la verifica del significato degli indici, vedi Glossario)
Fluida (franchezza, spontaneità, bisogno di chiarezza), Chiara, equilibrata Triplice larghezza (per capacità oblativa, profondità del sentimento e buon senso critico), modesto Intozzata I modo con buoni chiaro-scuri, per un’assertività non ‘schiacciante’.
Possono sbilanciarne l’equilibrio: eccesso di Filiforme (delicatezza fino all’impressionabilità), Intozzata II modo e tratto sporco (eccesso di emotività sulle funzioni di autocontrollo), Disordinata (scoordinamento dell’emotività), Confusa (confusione nelle reazioni e nelle priorità), eccessivo Pendente (coinvolgimento emotivo), eccessivo Rovesciata ( diffidenza, scontrosità), Contorta elevato (preoccupazione eccessiva, verifiche esagerate per bisogno eccessivo di certezze, scontrosità), Titubante e Tentennante in gradi elevati (per eccesso di esitazione).
Quando il controllo dell’emotività è dettato più dall’adeguamento alle norme sociali o alla preoccupazione per la propria immagine che non dal buonsenso emotivo, può derivare da Accurata (nei vari gradi), Contorta sopra la media, eccessivo Lardo tra parole (senso critico che esprime paralisi e scontento), mentre un buon adattamento porta sia a valutazione ‘centrata’ degli eventi e delle reazioni, sia a una certa prontezza d’azione, né precipitosa, né troppo rinviata o paralizzante.
Qui entrano in gioco le categorie grafologiche di armonia e equilibrio, variamente affrontate dalle diverse Scuole e cui dedicherò altri post. Va da sé, ed è intuibile, che una grafia mediamente grande, con Intozzata I modo, Curva, Fluida, Aste curve, Sinuosa, con margini non rigidi né troppo ampi e un buon interrigo (rapporto fra bianchi e neri, vedi ‘Pieni e vuoti nella scrittura’) e soprattutto che non presenti eccessivi o disarmonici ‘sbalzi’ in nessuna categoria grafica (dimensione, pressione, inclinazione, velocità……zone grafiche sproporzionate….) sarà più portata a reazioni equilibrate naturali e/o al loro conseguimento.
Sull’Intelligenza emotiva:
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