INTELLIGENZE: il plurale è d’obbligo! (I/III)
Che di intelligenze ne estano di diversi tipi oramai è un fatto acquisito, così come è assodato che nelle diverse epoche e culture si intendono talvolta abilità differenti fra loro per ‘intelligenti’ e se ne bollano altre (penso a come fosse bollato chi era dotato di forte intuito e capacità empatica nella nostra società fino ai primi decenni del secolo scorso) come scarsamente dotate.
Dopo il flop dei test, in particolar modo della misurazione del QI, si è visto che in realtà l’intelligenza non è esattamente quantificabile, ma forse è descrivibile in una miriade di diverse sfaccettature e combinazioni e questo grazie ai progressi svolti sia nella conoscenza del cervello, sia nei vari sviluppi della psicologia, delle scienze cognitive e delle neuroscienze.
Negli anni ’80 del secolo scorso, lo psicologo Howard Gardner, professore presso la Harvard University, ha acquisito celebrità nella comunità scientifica grazie alla sua teoria sulle intelligenze multiple, ne ha descritte sette, come dice lui, ‘non-canoniche’, fra cui quella ‘musicale’; ‘linguistico-verbale’ (facilità nell’apprendere le lingue, sensibilità al linguaggio parlato e scritto, alle terminologie); la ‘corporeo-cinestesica’ (quella di chi possiede la padronanza del corpo che gli permette di coordinare bene i movimenti, come ginnasti e ballerini); quella ‘spaziale’ (cioè quella di crearsi mentalmente rappresentazioni, riconoscere e orientarsi nello spazio condivisa da chirurghi, navigatori, scultori, architetti); quella ‘naturalistica’ (relativa al riconoscimento e la classificazione di oggetti naturali), oltre alla più celebrata intelligenza ‘logico-matematica’ (valutazione di oggetti concreti o astratti, abilità nell’individuare relazioni e principi).
Gardner propone inoltre anche l’intelligenza ‘intrapersonale’ e ‘interpersonale’ o sociale’ e quella ‘esistenziale’ (nona ‘a metà’) che vedremo nell’ultimo post sull’argomento (gli interessantissimi libri di Gardner sono editi in Italia da Feltrinelli).
Secondo questo autore, ognuno è (o può essere) intelligente in almeno sette modi diversi; alcuni più potenziati ed altri labili o sopiti.
A quali quesiti sull’intelligenza può rispondere la grafologia?
Dall’analisi della scrittura sarà possibile descrive il tipo di approccio intellettivo di chi scrive, valutare anche se l’intelligenza è di tipo costruttivo, cioè efficace, oppure no. Lo scrivente mette realmente le proprie abilità potenziali in pratica? Cosa eventualmente lo frena? Quale fra l’aspetto critico-analitico, sintetico-creativo o pratico-realizzativo prevale fra gli orientamenti di chi scrive? Quale eventualmente è carente? Quale di ostacolo?
Anche la capacità adattativa fa parte dell’intelligenza (oltre che dell’affettività) e, del resto, i fattori affettivi sono fondamentali per arricchire l’intelligenza, soprattutto nella sua componente ‘emotiva’, legata alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni, come ben descritto da Daniel Goleman (Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1997).
L’intelligenza è inoltre sia fluida, riguardante le nostre potenzialità innate, sia cristallizzata , che riguarda cioè le modalità (per lo più di origine affettiva) di comportamento, collegate a fattori ambientali e educativi. E’ qui che sedimentano, le credenze e convinzioni che sono alla base dei nostri ‘copioni’ o ‘scenari’ interni (su questo punto ha molto scritto e parlato Bruce Lipton, biologo cellulare statunitense).
La maggior parte delle rappresentazioni mentali della cosiddetta intelligenza cristallizzata non sono innate e nemmeno statiche . Esse si sono formate nel primo periodo di vita a contatto con l’ambiente, le figure di riferimento, i primi educatori. E’ tuttavia sempre possibile intervenirvi e promuovere un cambiamento. In tale processo cognitivo e di ‘autoformazione’, la grafologia può dire la sua (vedi Corsi).
Nella vita scolastica prima e professionale poi, se incontriamo attività che si armonizzano con il nostro tipo di intelligenza, per noi saranno più facili le possibilità di successo; viceversa, se non ci riusciamo, potremmo letteralmente soffocare, mentalmente e affettivamente, o quantomeno, fare molta, troppa, fatica a trovare la nostra strada, il nostro successo, la realizzazione del nostro senso di missione nella vita (che è e rimane uno degli scopi dell’esistenza umana).
La grafologia può aiutare a definire il tipo di intelligenze operanti in ognuno di noi: Alfred Binet (vedi post sulla Storia della Grafologia I), nel 1907, aveva già individuato i vari aspetti dell’atto ‘intellettuale’ secondi i parametri di comprensione, direzione (ossia la capacità di agire in vista di uno scopo), l’adattamento, l’invenzione, la correzione ( la capacità di apprendere dai nostri errori), che possono ancora essere utili.
L’intelligenza, come già accennato sopra, secondo lo psicologo americano Gardner può essere inoltre interpersonale (o empatica), che rappresenta la capacità di comprendere e interagire col prossimo; elemento che il grafologo può circoscrivere e meglio definire, soprattutto in vista di una selezione aziendale, poiché si riferisce anche alla capacità di cooperare e lavorare in gruppo.
Vi è inoltre un’intelligenza intrapersonale che è molto difficile da valutare; si tratta di una dimensione intima di cui non tutti dispongono e che non va mai isolata; dà la tendenza a capire se stessi, i propri sentimenti e paure e sottende in realtà molte delle nostre scelte esistenziali.
Continuate a seguirmi.
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