Come è cresciuta la grafologia da sola ‘arte’ a supporto nell’indagine sull’uomo (II/II) 

Sviluppatasi in parte sulla scorta degli studi fisiognomici, in parte per esigenze ‘peritali’, la grafologia del XIX secolo non ha ancora grandi basi psicologiche e tantomeno fisiologiche. Occorrerà arrivare al secolo successivo, con lo sviluppo e le nuove scoperte e gli studi sul funzionamento della mente umana e del cervello del XX sec., per compiere un vero e proprio ‘balzo’ di qualità.

L’indagine grafologica inizialmente ha interessato medici e solo in parte psicologi, alla ricerca di un possibile strumento ausiliario di diagnosi. A questo si era dedicato anche lo psicologo francese Alfred Binet (1857-1911), inventore del test Qi di intelligenza:

I numerosi studi di Binet sull’argomento sono stati ripresi con entusiasmo da Charles Richet, docente universitario a Parigi che affermava: “Il principio della grafologia è sicuramente veritiero, ma non posso ancora dire in che misura o forma. Per ora mi pare che vi sia più fantasia che scienza, ma verrà un giorno in cui si rivelerà totalmente scientifica”.

Occorre anche dire che, assieme alla scienza grafologica, doveva ancora nascere la figura del vero grafologo, sia tecnicamente che eticamente.

Grazie alle ricerche incrociate nei diversi settori e nel campo delle neuroscienze si produrrà più tardi una casistica sufficiente a rendere la grafologia qualcosa di poco a poco sempre più vicino a una scienza, per rivelare il corretto rapporto l’attività cerebrale con l’esecuzione grafica.

La grafologia peritale, come ho già detto, compie un balzo decisivo e, oggi diremmo ‘mediatico’, già a fine XIX secolo in  Francia, con il caso Dreyfus, grazie alla perizia di Jules Crépiex-Jamin in favore dell’ufficiale francese ingiustamente accusato (e inizialmente condannato) di alto tradimento (vedi I parte del post).

Crepieux-Jamin aveva individuato circa duecento segni o tratti grafici raggruppandoli in sette categorie fondamentali: Dimensione, Forma, Pressione, Velocità, Direzione, Ordine e Continuità. Per C-J il valore di un dato segno non è fisso (come accadeva nel metodo del suo maestro Michon), ma il suo significato e la sua interpretazione dipendono largamente dal contesto e la scrittura deve essere studiata come un tutt’uno, come una ‘gestalt’. Questo concetto sarà ampiamente ripreso dal tedesco Klages (vedi I parte del post).

Per Crepieux-Jamin, inoltre, l’interazione dei segni va a costituire l’armonia o la  disarmonia dello scritto, concludendo che: “L’armonia della scrittura corrisponde a quella del carattere”.

E’ in Germania che viene sviluppata anche l’impostazione scientifica ad opera del fisiologo di origine inglese William Preyer (1841-1897) e Georg Meyer che insieme e in modo sperimentale dimostrarono come la scrittura sia legata non all’attività motoria della mano, ma a quella del cervello (‘handwriting’ is ‘brainwriting’). Georg Meyer ha distinto per primo la scrittura spontanea dalla scrittura non spontanea, concetto fondamentale, in seguito ripreso da diversi autori.

A William Thierry Preyer, trasferitosi in Germania nel 1857, va riconosciuto il merito di aver anche evidenziato il fatto che se si dovesse perdere la mano con cui abitualmente si scrive e per scrivere si dovesse usare l’altra mano, o la bocca, o persino un piede (come nei casi di paralisi) nello scritto apparirebbero le stesse tendenze di base della grafia originaria, sebbene con diversa fluidità. Intuizione geniale, successivamente dimostra da ampi esperimenti.

 

 

 

Rudolph Pophal (1893-1966) neurologo e grafologo tedesco, autore di Scrittura e cervello, confermerà le ipotesi di Preyer tramite numerose ricerche e scoperte relative al cervello e alla struttura muscolare.

Dopo le opere e le rivelazioni di Binet, Pulver e Ania Teillard (I parte del post) si può dire che la grafologia finalmente approdi a un linguaggio comune con la Psicologia e comincia a delinearsi effettivamente, almeno teoricamente, come possibile valido complemento nelle sue diagnosi.

Ma solo negli anni ’50 del ‘900 alcuni ricercatori iniziano realmente a includere nella grafologia alcune prospettive della Psicologia moderna (Jung, Freud, Adler). René Le Senne (1882-1954), filosofo francese e professore alla Sorbona, noto oggi soprattutto per il suo Trattato di caratterologia; Gabrielle Beauchataud che per prima in Francia ha incorporato in un Trattato di grafologia (Apprenez la graphologie) un insieme di varie teorie psicologiche, soprattutto quelle di Carl Gustav Jung. Poi Helène de Saint-Morand, nome d’arte di Lise Koechlin (1888-1977), grafologa di grande nome, che nel 1937 pubblica il suo apprezzato Corso di Grafologia; Georges Serratrice e Michel Habib, pubblicano nel 1993: L’Ecriture et le cerveau.

Padre Girolamo Moretti in Italia crea non solo un metodo grafologico completamente indipendente dall’imput di altre Scuole, ma anche una sorta di ‘tipologia’ del tutto originale (con i suoi quattro Temperamenti Assalto, Cessione, Resistenza, Attesa) e altamente ‘didattica’, con la suddivisione dei ‘segni’ in Sostanziali, Modificanti, Accidentali e le loro misurazioni dettagliate (vedi Glossario).

Nell’originale impostazione morettina la personalità scaturisce dalla sintesi interattiva fra struttura, fisiologia, psichismo e socialità, che ruota intorno a tre impulsi principali; l’istinto vitale o di sopravvivenza, l’istinto sessuale o di espansione e riproduzione e l’istinto psichico, inerente l’elevazione ideale e morale. Il tutto produce in ogni scrivente l’espressione di caratteristiche che ruotano e convergono attorno ai quattro Temperamenti e manifestano, tra le righe, quella che Moretti definì la Passione Predominante; in un certo senso, le reali motivazioni che sottendono agli suoi interessi e attività di chi scrive.

Negli ultimi decenni, oltre che in Francia, Italia, Belgio, Germania, Austria, Svizzera…. si è sviluppata una fiorente attività grafologica e didattica anche in Spagna (grande impulso vi viene dato dall’opera del mio compianto amico Augusto Vels), Portogallo, Polonia, Romania, America Latina (particolarmente in Argentina e Brasile) e negli Stati Uniti.

Ottimi studiosi, che hanno mosso i primi passi nella grafologia morettina, hanno proseguito sulle orme del Maestro, attorno alla scuola universitaria di Urbino, in cui il metodo è insegnato dalla fine degli anni ’70 e oggi sede di un corposo Master Grafologico; dell’Istituto Grafologico Moretti e dall’AGI, che sono un po’ la mia ‘casa’ (insomma, per quanto possibile per una ‘nomade’ come me) .

Altri studiosi, pur partendo dallo studio del Moretti, hanno dato poi vita ad un metodo personale e denso, come Marco Marchesan (1899-1991) e successori, con la sua scuola di “Psicologia della Scrittura” a Milano, di cui apprezzo in particolar modo il corretto e fruibile linguaggio.

Chiedo scusa per questi due post sull’argomento storico così lunghi e al tempo stesso inevitabilmente incompleti; molti nomi illustri sono stati omessi per necessità di sintesi, ma sono tutti vivi nell’amore e nella dedizione che lega ogni grafologo o studioso di grafologia a questo fantastico strumento di conoscenza e (auto)aiuto per l’umanità.