Cosa ci dice la grafologia delle parti lasciate ‘bianche’ di uno scritto.

 

Quando riceviamo uno scritto ciò che notiamo prima di tutto è la sua disposizione nel supporto cartaceo, la sua ‘visione d’insieme’, che ci trasmette una sensazione piacevole o inquietante, prima ancora di averne letto il contenuto.

Lo stesso accade al grafologo che non può non notare la composizione della pagina (il foglio rappresenta l’ambiente) sulla quale lo scritto (la persona, il suo Io) procede; in un gioco di bianchi e neri, pieni e vuoti.

Si tratta di una grafia fitta fitta, che non lascia spazio bianco attorno a sé, o è viceversa ‘ariosa’, come dicono i grafologi di scuola francese; poiché la scrittura è fatta di inchiostro, ma anche di bianchi, che corrispondono a delle pause, ai silenzi, al ‘non detto’.

Vi sono misurazioni che riguardano i bianchi all’interno ed all’esterno delle parole, le distanze interletterali, tra parole, tra parole e segni di interpunzione, i quattro margini (sopra, sotto, sinistra, destra) e l’ inter-rirgo.

E’ uno studio molto interessante, un punto di vista che ci consente di percepire in maniera immediata la situazione interiore del soggetto e talvolta riservarci qualche ‘sorpresa’.

Una persona molto timida potrebbe esprimere il suo bisogno di contatto inondando la pagina di parole, mentre una in apparenza estroversa e cordiale potrebbe in realtà amare il dialogo interiore o sentirsi come frastornata, smarrita rispetto al ‘contatto’ col tu, producendo uno scritto fluttuante in mezzo a bianchi ‘allaganti’…Potrebbe però trattarsi di ‘respiro’; una sorta di solitudine voluta, ricca e piena, oppure di angoscia vera e propria o un senso d’isolamento sofferto e solitudine profonda.

Firma e breve scritto ‘allagato’ nei bianchi di Oscar Wilde

 

Nel primo caso la persona non è schiacciata dal bianco, ma lo gestisce con leggerezza, eleganza, chiarezza, facilità, intelligenza; se invece la scrittura è fragile e appare come annegata nel bianco non avendo in sé la forza in grado di gestirlo, ecco che l’individuo vive in un senso di disagio costante, di profonda inadeguatezza in quasi tutto ciò che affronta.

Tutti i nostri movimenti non sono solo strumenti per compiere certe azioni ma veri e propri ‘comportamenti’, che implicano la produzione e la trasmissione di significati. Così avviene per la scrittura, appunto, che è un comportamento ed un mezzo di comunicazione, come detto altrove, NON verbale che affonda le sue radici nella profondità dell’essere.

L’armonia dei bianchi e dei neri, quando c’è, è un piacere per lo spirito sia di chi scrive che di chi legge.

Sopra: la grafia, con buona distribuzione di pieni e vuoti. di Albert Einstein.

Come si muove la parola nello spazio?

L’interazione nero-bianco registra le modalità delle reazioni dell’individuo alle stimolazioni organo-sensoriali del suo ambiente.  Essa è anche il risultato dell’attività costruttiva del sistema visivo e sensoriale nel suo complesso, che, mediante una serie di operazioni, elabora, trasforma e organizza i messaggi sensoriali in entrata e li ‘tinge‘ secondo il modo di sentire personale.

La distribuzione di bianco e nero (pieno e vuoto) in una scrittura aiuta a definire l’importanza che lo scrivente attribuisce alla propria presenza all’interno del suo ambiente. E’, insomma, la chiave per individuare come e quanto a suo agio egli si sente nel suo habitat.

Sotto: l’immagine dell’armonia fra ‘pieni’ e vuoti’, più generalmente fra complematari, espressa dal Tao (o Tai Chi), perfettamente bilanciato.

Di solito scrive fitto chi tende a occupare molto spazio, chi sa e/o vuole mettersi al centro delle situazioni.
Una scrittura con molti bianchi, viceversa, ritaglia per se un ruolo più defilato, non da protagonista, ma più da osservatore.
C’è chi privilegia il rapporto con l’esterno e, anche nel ‘genio’ ama mostrarsi…..e chi invece si esprime (e ‘crea’) privilegiando il proprio mondo interiore…

Sopra: la grafia ‘fitta’ di inchiostro di Sigmund Freud (molto rimpicciolita).

Chi ha spazi di vero e proprio respiro, godendo di un maggior ascolto…..e chi agisce subito, come d’istinto e magari anche in modo violento…..oppure chi dà vita a uno spazio apparentemente armonico, una buona distribuzione di bianchi e di neri e poi riempie gli spazi con ricci e paraffe.

Esiste anche una distribuzione degli spazi legato alla cultura, al tempo e al ruolo (una lettera formale o diplomatica avrà margini più grandi di una confidenziale; gli italiani riempiono ‘ulturalmente’ gli spazi bianchi con maggiore scritto, rispetto a giapponesi o americani……) e anche alla situazione (degli appunti vengono scritti in modo meno ‘riguardoso di una lettera).

Sin: Appunti autografi di Jack Kerouac, che ‘colma’ anche i margini laterali.

Sopra: spazi quasi inesistenti in un esempio di ‘scrittura automatica’.

Affascinante, non trovate?

V A L E R I A