Il grafologo giudiziario, metodi di falsificazione e di lavoro

Il grafologo giudiziario è chiamato a pronunciarsi circa la paternità di una grafia, cioè se un dato scritto sia o meno attribuibile ad una certa mano e per far questo compara lo o gli scritti contestati (lettera anonima, testamento, firma disconosciuta…….) con altri scritti certamente autografi della persona firmataria che disconosce il documento contestato o di chi è sospettato di averlo scritto.

Senza una grafia di comparazione una perizia non si può fare, ma si possono analizzare alcuni aspetti generali che, magari uniti al altri elementi emergenti nel corso di indagini, cooperano a tracciare il ‘profilo’ di chi ha scritto (come nel caso dei graffiti o delle lettere anonime).

Il grafolog0 consulente è figura professionale ‘in progress’, che segue lo stesso evolversi delle grafie, specchio dei nostri stati d’animo e dei nostri istinti innati, secondo gli spunti di arricchimento che ci vengono dalle neuroscienze e da molte discipline ‘vicine’; deve condurre il proprio lavoro in modo rigoroso e che sia al tempo stesso interdisciplinare e saper tener conto e misurarsi con le stesse moderne tecniche a disposizione del falsificatore.

Quello del grafologo giudiziario è un lavoro di grande responsabilità, che richiede equilibrio, oltre che competenza tecnico-professionale, per rimanere al di sopra delle parti e scongiurare il possibile pericolo di far condannare un innocente.

Il Consulente tecnico d’ufficio (CTU), oltre a svolgere il proprio lavoro in modo corretto, diligente, competente, fa il giuramento davanti al giudice, al momento del conferimento dell’incarico: “di bene e fedelmente adempiere agli incarichi a me affidati al solo scopo di far conoscere al Giudice la verità”  per i casi civili e:

“Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo nello svolgimento dell’incarico, mi impegno ad adempiere al mio ufficio senza altro scopo che quello di far conoscere la verità e a mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali” per i casi penali.

Con il suo giuramento il perito si impegna ad essere trasparente, convincente e chiaro (nei contenuti e criteri della sua relazione), in modo da chiarire al giudice, di cui è ufficialmente il tecnico, la validità della propria tesi. Si impegna al segreto professionale e diventa ‘pubblico ufficiale pro tempore’.

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Metodi di lavoro del grafologo giudiziario

I metodi di lavoro sono vari; i più accreditati oggi sono quello grafonomico e quello grafologico, che hanno fra di loro molti punti di contatto, a discapito del più antico metodo meramente ‘calligrafico’, di mero confronto morfologico delle lettere.

‘Grafonomico’ deriva dal greco: graphos (grafia, scrittura, gesto grafico), nomos (legge, ordine). E’ una metodologia che impone delle regole scientifiche ai fini della comparazione e del confronto finale e raggiunge la sua massima efficacia se unito al metodo grafologico che tende a dar ragione di come nasca, si realizzi e vari l’espressione grafica di una persona. Questo in base al rilevamento degli elementi qualitativi del gesto grafico, che scaturiscono su base psico-neuro-fisiologia. Conoscere come si produce il gesto grafico in quel dato scrivente, porta a identificarne (o disconoscere) gli scritti, senza per questo rivelarne il carattere o la personalità, non richieste in sede peritale.

Ciò che il grafologo analizza ed esplicita è la personalità grafica, secondo la sua peculiare ed unica organizzazione grafomotoria.

La Cassazione, il 29 novembre 1990 (n. 15852) afferma:

“È noto che uno stesso soggetto può variare la propria scrittura non solo col passare degli anni, ma nello stesso lasso di tempo – a seconda che attribuisca allo scritto maggiore o minore significato, o della persona cui è diretto, etc. – e, addirittura in uno stesso scritto. Al metodo calligrafico si è quindi sostituito quello grafonomico, che studia la grafia non solo nel suo aspetto obiettivo, cogliendone anche l’evoluzione, individuandone difformità e somiglianze e, soprattutto, le caratteristiche distintive…..”

Spesso i grafologi giudiziari utilizzano più metodologie insieme, mentre sempre meno esperti hanno una mera formazione da calligrafo. Esistono ancora ‘senior’ periti calligrafi, non grafologi, ma che – avendo molta esperienza sul campo – hanno a loro volta arricchito il proprio bagaglio formativo e spesso giungono a conclusioni condivisibili con quelle del grafologo, almeno secondo la mia esperienza.

Imitazione a mano libera e ricalco

La falsificazione per “ricalco” è piuttosto facile da riconoscere è un po’ quella che si faceva ai tempi della scuola, ponendo uno scritto da copiare e un foglio bianco contro il vetro della finestra.

L’imitazione “a mano libera”, richiede un continuo controllo di ciò che si intende copiare, per cui procede lentamente, esegue frequenti riprese e ritocchi, alla fine facili da ‘svelare’. L’imitazione “a mano libera”  richiede un periodo di ‘allenamento’ da parte del falsificatore per acquisire una certa ‘fluidità’ nell’eseguire i tratti della scrittura da imitare, spesso privilegiando quelli più macroscopici (maiuscole, aste…..) e trascurando i ben più significativi piccoli segni (non posso mica svelarvi tutto, no?).

Come ho già commentato in una delle risposte alle FAQ dei lettori, l’innaturale lentezza e titubanza del gesto grafico è spesso indice di imitazione, così come l’ispessimento della pressione, le frequenti correzioni, le spaziature, certi tremori e i legami interletterali irregolari.

Per escluderli, il contraffattore do solito si esercita a lungo. E l’indagine allora andrà a cercare le costanti personali, quei gesti, perlopiù minuti ed automatici, spesso incompatibili con le caratteristiche della grafia imitata e che riemergono nell’opera grafica di un falsario, soprattutto se lo scritto prodotto è di una certa lunghezza.

Dissimulazione e mimetizzazione

La falsificazione di una grafia avviene in genere per imitazione o dissimulazione.

L’imitazione costituisce il tentativo di riprodurre l’altrui grafia nella maniera più precisa e accurata possibile. Oltre a richiedere abilità, obbliga il contraffattore a modellare il proprio naturale modo di scrivere allo specifico modello di cui deve simulare il comportamento grafico.

La dissimulazione rappresenta l’atto dello scrivere, mimetizzando la propria grafia allo scopo di non farsi riconoscere, mediante alterazioni che privano la scrittura delle caratteristiche peculiari e quindi identificative dell’autore. Vi è poi un ‘ibrido’ di contraffazione della propria grafia in cui le due modalità sono compresenti, vuoi per allontanarsi dalle sue caratteristiche, vuoi per farla assomigliante a quella di altra mano, aggiungendo ritocchi, segni di iceppamento, difetti propri dell’artificio imitativo, al fine di poter poi dire, se sospettato, che si tratta appunto di imitazione.

E’ il caso dell’ “autofalsificazione”, di cui avvertiva già Alphonse Bertillon (1853-1914), criminologo francese, fondatore del primo laboratorio di identificazione criminale,  già all’epoca dell’affaire Dreyfus.

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Anonimografia

L’Anonimografia riguarda scritti senza firma, o senza firma certa, cioè chiaramente attribuibile ad una vera persona, o anche sigle o simboli di gruppi, veri o presunti che siano (stella a cinque punte, BR…). Solitamente hanno scopo diffamatorio, estorsivo, ricattatorio o rivendicativo.

I messaggi simbolici in detta scrittura vanno interpretati, questo è prerogativa dell’analisi su base grafologica, poiché il solo metodo grafonomico non basterebbe e tantomeno quello calligrafico.

Legge

Come ho già commentato in una delle risposte alle FAQ dei lettori, l’innaturale lentezza e titubanza del gesto grafico è spesso indice di imitazione, così come l’ispessimento della pressione, le frequenti correzioni, le spaziature e i legami interletterali irregolari.

Falsi per alterazione

Sono questi i cosiddetti “falsi per alterazione”, che consistono in ogni modificazione del documento con i mezzi tecnici a disposizione.

Poiché un’indagine grafologica va di pari passo con il progredire della tecnica, cui i falsari sono molto attenti; non si può immaginare quante tecniche vengano di volta in volta utilizzate per imitare la scrittura altrui e dissimulare la propria.

Molti di questi strumenti possono essere scoperti e rivelati dal grafologo forense esperto (e ben attrezzato di laboratorio!).

Mano guidata

Il perito è spesso chiamato ad esprimersi anche circa il fatto che il documenti in esame (in caso di testamento) esprima la reale volontà del soggetto, o non sia stato scritto sotto dettatura oppure dietro costrizione, ovvero se il soggetto si trovasse in condizioni psichiche, o neurologiche, tali da farlo rientrare nel caso della mano guidata, e quindi nella classificazione prevista dal codice penale per le persone ‘incapaci di intendere e di volere’, valutazione che può essere solo ipotizzata dal grafologo e che apre le porte ad una ulteriore valutazione, di tipo medico-psichiatrico.